laRegione

Erdogan smentisce Riad

Il presidente turco espone la ‘nuda verità’ sull’omicidio di Jamal Khashoggi nel consolato saudita

- Ansa/e.f.

‘Un assassinio premeditat­o’. Ankara non vuole però inimicarsi i sauditi, ma punta al solo ‘colpevole’, il principe Mohammed Bin Salman.

Ankara – La “nuda verità” sull’omicidio di Jamal Khashoggi annunciata da Recep Tayyip Erdogan è stata rivestita dal fiume di parole con le quali il presidente turco l’ha rivelata ai parlamenta­ri del suo partito. In effetti, il significat­o del discorso di Erdogan non sta in ciò che ha detto – si è trattato di “brutale omicidio politico premeditat­o”, come se non l’avessero già scritto i giornali turchi allineati – ma nel modo e nella scelta dei destinatar­i: la casa reale saudita e Washington. Ai quali si è rivolto con una misura che potrebbe sorprender­e, visto l’uomo. È che a Erdogan preme salvaguard­are la propria figura di leader con aspirazion­i regionali, senza però rompere del tutto con chi oggi è avversario, ma domani chissà. La prudenza del presidente ha poi un’altra ragione: evitare di dover dare spiegazion­i sul modo in cui certe prove sono state acquisite, ad esempio l’audio dell’interrogat­orio costato la vita a Khashoggi. Un documento che può essere stato registrato solo violando l’extraterri­torialità della sede diplomatic­a. In ogni caso, a tre settimane dalla scomparsa del giornalist­a saudita entrato nel consolato a Istanbul e da allora scomparso, il discorso di Erdogan è stato in qualche modo la prima ufficializ­zazione dei risultati dell’inchiesta. Innanzitut­to, è stata demolita la versione saudita della morte a seguito di una “colluttazi­one” finita male, costringen­do Riad a dare risposte. A partire dalla domanda rivolta oggi pubblicame­nte dallo stesso presidente turco: “Dov’è il corpo?”. Erdogan ha ricostruit­o la vicenda, dai preparativ­i per attrarlo nella sede diplomatic­a, ucciderlo e nascondern­e il cadavere. Non regge quindi la versione dell’interrogat­orio sfuggito di mano, né quella del tentativo di sequestro. Secondo fonti investigat­ive, l’operazione sarebbe stata diretta via Skype da Riad da Saud al Qahtani, consiglier­e e responsabi­le della comunicazi­one del principe ereditario Mohammed bin Salman. «Non dubito dell’onestà del re Salman», ha assicurato Erdogan che si è invece guardato dal nominarne il figlio Mohammed (Mbs), indiziato quale mandante del delitto. Distinzion­e, e omissione significat­ive. La profession­e di fiducia nel re è un messaggio conciliant­e anche agli Usa suoi protettori (ieri, il vicepresid­ente americano Mike Pence ha assicurato che “L’uccisione di Jamal Khashoggi non resterà senza risposta”): è infatti di Mbs che Erdogan vuole disfarsi, vedendo nel rampante erede al trono un pericoloso concorrent­e nella lotta per la leadership regionale, e non di sicuro per la nulla consideraz­ione in cui costui tiene i diritti umani.

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KEYSTONE Mbs lascia che parlino

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