Indice di combattività
Il dito che idealmente ha messo alla tempia annunciando l’arrivederci dice che Wawrinka è davvero pronto al rilancio
Il dolore alla schiena (fastidioso ma non letale), gli è servito da pretesto per porre termine con qualche settimana d’anticipo a una stagione che aveva definito in tempi non sospetti ‘di transizione’. A cavallo tra la doppia operazione al ginocchio e il completo ristabilimento sul piano atletico e mentale. Una transizione lunga mesi, non ancora del tutto completata. Volta a restituire a Stan Wawrinka quelle motivazioni e quel tennis che lo hanno fatto capace di vincere tre titoli Slam, impresa tutto fuorché scontata. «Sono convinto di essere ancora in grado di vincerne un altro, di avere il livello di gioco e atletico per riuscirci», ha detto. La fiducia in se stesso è un presupposto necessario nel processo di riavvicinamento alla propria massima espressione, fisica e tecnica, avviato da ‘Stan the man’ alle porte degli Swiss Indoors, appuntamento che non rimpiangerà per non averlo mai amato, peraltro ricambiato per tanta freddezza.
Fiducia e positività
Per sua stessa ammissione, la stagione che ha già archiviato per focalizzarsi sulla prossima con largo anticipo, è stata molto sofferta, a immagine dei primi sei mesi, «i più difficili in assoluto, da quando sono sul Circuito». Ma una vittoria l’ha ottenuta, e non ci riferiamo alla semifinale di Sofia e San Pietroburgo, ai quarti di Cincinnati e ai due turni superati agli Us Open che gli hanno permesso di scalare le posizioni fino all’attuale 68esima. Il riferimento è piuttosto alla fiducia che non ha mai perso, alla voglia di riemergere dai punti più
Parte tutto da lì
bassi di una carriera impreziosita da molti alti, alla positività che non lo ha mai abbandonato, nemmeno quando era lecito pronosticargli addirittura il ritiro dalle scene, conseguenza di molti fattori, tra i quali l’età non più verdissima, il doppio intervento chirurgico, la lunga rieducazione, il ritorno laborioso e irto di delusioni, gli inevitabili dubbi che attraversano i pensieri, tra un torneo e l’altro, quasi tutti abbandonati all’inizio, o comunque troppo presto, per uno che di tornei ne ha vinti tanti e tra i più importanti in assoluto. È questa – quella della fiducia e della combattività, della voglia di rimettersi in gioco e di rilanciare – la sfida che Stan ha comunque vinto, in un ‘annus horribilis 2018’ scandito da risultati insoddisfacenti che ha deciso di abbandonare, per concentrarsi sulla stagione a venire, quella che potrà preparare con la serietà e l’applicazione che gli sono sempre state riconosciute. Soprattutto, senza la zavorra di un fisico e di un tennis che non hanno risposto alle sollecitazioni di chi ambisce a riportarli ai livelli dei giorni più felici. Quelli torneranno, ne siamo certi, perché nelle motivazioni addotte da Wawrinka per giustificare il suo ‘a più tardi’ abbiamo notato un dettaglio non da poco, anzi fondamentale: il celeberrimo dito portato alla tempia. Glielo abbiamo letto in faccia, lo si poteva estrapolare dalle parole: «Sono contento di quanto ho comunque raggiunto, sono convinto di poter tornare a vincere uno Slam». Parole forti, pronunciate con decisione, il cui peso è idealmente rafforzato da quel dito alla tempia che è come se lo avesse fatto. Sì, proprio quel gesto lì, quello che lo ha reso famoso. Ma, soprattutto, quello che ha scatenato in lui, in alcuni momenti particolari delle sfide più belle – non a caso, poi da lui perlopiù vinte – quella ‘garra’ che ha fatto la differenza tra una bella sconfitta e una splendida vittoria. Dandogli quella carica supplementare che, unita al suo tennis irresistibile quando pienamente registrato, gli ha permesso di superare se stesso, prerogativa per superare tutti gli altri. Ne approviamo il congedo anticipato. Ne aspettiamo, fiduciosi, il rientro. Certi di ritrovarlo, indice alla tempia, capace – come dice lui – di vincere un altro Slam.