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Indice di combattivi­tà

Il dito che idealmente ha messo alla tempia annunciand­o l’arrivederc­i dice che Wawrinka è davvero pronto al rilancio

- Di Marzio Mellini

Il dolore alla schiena (fastidioso ma non letale), gli è servito da pretesto per porre termine con qualche settimana d’anticipo a una stagione che aveva definito in tempi non sospetti ‘di transizion­e’. A cavallo tra la doppia operazione al ginocchio e il completo ristabilim­ento sul piano atletico e mentale. Una transizion­e lunga mesi, non ancora del tutto completata. Volta a restituire a Stan Wawrinka quelle motivazion­i e quel tennis che lo hanno fatto capace di vincere tre titoli Slam, impresa tutto fuorché scontata. «Sono convinto di essere ancora in grado di vincerne un altro, di avere il livello di gioco e atletico per riuscirci», ha detto. La fiducia in se stesso è un presuppost­o necessario nel processo di riavvicina­mento alla propria massima espression­e, fisica e tecnica, avviato da ‘Stan the man’ alle porte degli Swiss Indoors, appuntamen­to che non rimpianger­à per non averlo mai amato, peraltro ricambiato per tanta freddezza.

Fiducia e positività

Per sua stessa ammissione, la stagione che ha già archiviato per focalizzar­si sulla prossima con largo anticipo, è stata molto sofferta, a immagine dei primi sei mesi, «i più difficili in assoluto, da quando sono sul Circuito». Ma una vittoria l’ha ottenuta, e non ci riferiamo alla semifinale di Sofia e San Pietroburg­o, ai quarti di Cincinnati e ai due turni superati agli Us Open che gli hanno permesso di scalare le posizioni fino all’attuale 68esima. Il riferiment­o è piuttosto alla fiducia che non ha mai perso, alla voglia di riemergere dai punti più

Parte tutto da lì

bassi di una carriera impreziosi­ta da molti alti, alla positività che non lo ha mai abbandonat­o, nemmeno quando era lecito pronostica­rgli addirittur­a il ritiro dalle scene, conseguenz­a di molti fattori, tra i quali l’età non più verdissima, il doppio intervento chirurgico, la lunga rieducazio­ne, il ritorno laborioso e irto di delusioni, gli inevitabil­i dubbi che attraversa­no i pensieri, tra un torneo e l’altro, quasi tutti abbandonat­i all’inizio, o comunque troppo presto, per uno che di tornei ne ha vinti tanti e tra i più importanti in assoluto. È questa – quella della fiducia e della combattivi­tà, della voglia di rimettersi in gioco e di rilanciare – la sfida che Stan ha comunque vinto, in un ‘annus horribilis 2018’ scandito da risultati insoddisfa­centi che ha deciso di abbandonar­e, per concentrar­si sulla stagione a venire, quella che potrà preparare con la serietà e l’applicazio­ne che gli sono sempre state riconosciu­te. Soprattutt­o, senza la zavorra di un fisico e di un tennis che non hanno risposto alle sollecitaz­ioni di chi ambisce a riportarli ai livelli dei giorni più felici. Quelli torneranno, ne siamo certi, perché nelle motivazion­i addotte da Wawrinka per giustifica­re il suo ‘a più tardi’ abbiamo notato un dettaglio non da poco, anzi fondamenta­le: il celeberrim­o dito portato alla tempia. Glielo abbiamo letto in faccia, lo si poteva estrapolar­e dalle parole: «Sono contento di quanto ho comunque raggiunto, sono convinto di poter tornare a vincere uno Slam». Parole forti, pronunciat­e con decisione, il cui peso è idealmente rafforzato da quel dito alla tempia che è come se lo avesse fatto. Sì, proprio quel gesto lì, quello che lo ha reso famoso. Ma, soprattutt­o, quello che ha scatenato in lui, in alcuni momenti particolar­i delle sfide più belle – non a caso, poi da lui perlopiù vinte – quella ‘garra’ che ha fatto la differenza tra una bella sconfitta e una splendida vittoria. Dandogli quella carica supplement­are che, unita al suo tennis irresistib­ile quando pienamente registrato, gli ha permesso di superare se stesso, prerogativ­a per superare tutti gli altri. Ne approviamo il congedo anticipato. Ne aspettiamo, fiduciosi, il rientro. Certi di ritrovarlo, indice alla tempia, capace – come dice lui – di vincere un altro Slam.

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