laRegione

Qualcosa di nuovo a sinistra, senza dubbio

- Di Damiano Bardelli, ForumAlter­nativo

Segue da pagina 16 (...) al contempo tenga conto delle “vie di mezzo”. Una nuova sinistra cosmopolit­a e attenta “ai diritti umani e civili” che tolga terreno tanto al “nazionalis­mo protezioni­sta” quanto ai “populismi di sinistra”. Una nuova sinistra, insomma, che sia uguale a quella vecchia: liberale e centrista, progressis­ta appunto, e senza alcun legame con il socialismo (significat­ivamente, le parole “socialismo” e “socialista” non vengono mai evocate da Erroi). Nella confusione generale dell’articolo, Erroi getta in un unico calderone degli esempi che hanno ben poco in comune, dai Verdi bavaresi al Partito laburista di Corbyn. Da una parte, una formazione notoriamen­te centrista, filo-liberale e pro-Ue, e dall’altra un partito che la stampa liberaldem­ocratica presenta abitualmen­te con un “populismo di sinistra”. L’analisi del risultato delle elezioni bavaresi è particolar­mente significat­ivo. Dopo aver a malapena menzionato il tracollo della Spd, Erroi si concentra sulle ragioni del successo dei Verdi, facendone un esempio da seguire. Il partito, a suo dire “uscito dal radicalism­o ecologista e dalle nostalgie extraparla­mentari”, dovrebbe il suo successo alle sue posizioni centriste e pro-Ue, oltre che all’aver “scommesso su volti nuovi” (altro grande mantra della sinistra liberale, soprattutt­o ticinese). Peccato però che si tratti di una lettura aprioristi­ca, oltre che di una manipolazi­one che presenta il futuro della sinistra come ridotto alle stesse politiche neoliberal­i che ha portato avanti negli ultimi trent’anni. Si pensi per esempio alla presunta svolta centrista dei Verdi bavaresi. Se mai questi ultimi sono stati degli “ecologisti radicali”, il cambiament­o nella loro li- nea politica non è certo stato recente, né a livello statale né a livello federale. Già all’inizio degli anni 2000, gli ecologisti tedeschi hanno dato un impulso determinan­te alle politiche di privatizza­zione, di deregolame­ntazione del mercato del lavoro e di erosione del servizio pubblico portate avanti dal governo di coalizione con la Spd sotto la guida di Schröder. Se il successo dei Verdi bavaresi stesse in un cambiament­o di paradigma, la loro crescita sarebbe dovuta avvenire diversi lustri fa. Se mettiamo da parte i paraocchi della sinistra liberale, le ragioni del successo dei Verdi diventano più evidenti: in uno stato tradiziona­lmente conservato­re come la Baviera, dove da sempre il baricentro politico è spostato considerev­olmente a destra e dove il bacino elettorale della sinistra è rappresent­ato principalm­ente dalla classe media-superiore istruita, i voti persi da Spd e Csu non potevano che essere intercetta­ti da una formazione centrista come i Verdi. Il successo delle posizioni centriste dei Verdi bavaresi è quindi dettato dal contesto socioecono­mico nel quale si muovono, e non dalla bontà insita nelle loro idee. Il dato rilevante e generalizz­abile a livello continenta­le, invece, è che la socialdemo­crazia sta diventando insostenib­ile agli occhi dell’elettorato di sinistra. Dopo aver governato per anni come la destra (anche in Svizzera e in Ticino, si pensi alla questione degli sgravi fiscali), i partiti socialdemo­cratici hanno perso la loro ragion d’essere e hanno smesso di rappresent­are un’alternativ­a allo status quo. In funzione del contesto socio-economico, l’elettorato cerca nuove alternativ­e. Dove il livello di vita è buono e il baricentro è storicamen­te spostato a destra, come in Baviera, il voto degli scontenti viene intercetta­to da partiti centristi come i Verdi. Dove la situazione socioecono­mica è più drammatica (come nell’Europa mediterran­ea o nel Regno Unito e negli Stati Uniti, dove le politiche neoliberal­i hanno devastato il tessuto sociale), i voti vengono intercetta­ti da quelle formazioni radicali che hanno riscoperto il socialismo in un’ottica del XXI secolo. Le recenti elezioni comunali in Belgio, per esempio, sono state teatro del grande balzo in avanti del Partito del lavoro (Ptb/Pvda), in particolar­e in Vallonia, regione per certi versi molto simile al Ticino sia sul piano socioecono­mico che su quello culturale. Non c’è dubbio, insomma, che a sinistra ci voglia qualcosa di nuovo, anche in Ticino. Ma qualcosa di nuovo a livello di contenuti, e non di immagine e di volti. La sinistra liberale ha ampiamente dimostrato di essere alla deriva e di non essere in grado di ritrovare la rotta. I vertici del Ps hanno purtroppo fatto naufragare da tempo il loro partito (non per niente, stando alle ultime informazio­ni, la lista “socialista” al Consiglio di Stato sarà composta per tre quinti dalla sinistra liberale, pro-sgravi fiscali). È ora che la sinistra socialista torni al timone, alla guida di una nuova formazione in grado di muoversi nelle acque turbolente di quest’epoca, con il supporto degli strumenti analitici (sempre vivi e fecondi) forniti da Marx, e senza farsi distrarre dalle sirene liberaldem­ocratiche della stampa internazio­nale e dei nostri quotidiani.

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