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Plastica, cambiare paradigma

- Di Matteo Caratti

Si fa un gran parlare della lotta contro la plastica. Si organizzan­o sempre più giornate per ripulire il territorio e nel contempo sensibiliz­zare le persone sull’abbandono sconsidera­to di plastiche nell’ambiente. Materiale che, come noto, impiega secoli e secoli a decomporsi e finisce nella nostra catena alimentare (la si è già trovata nei nostri intestini!). I media mostrano regolarmen­te foto di scolaresch­e contente di aver riempito sacconi di rifiuti e di aver fatto la loro parte nel ripulire prati e boschi. Nel mentre, anche l’economia si è posta il problema su come dare un contributo. Alcuni grandi magazzini hanno iniziato a puntare su sacchetti di plastica biodegrada­bili, o li hanno sostituiti con prodotti di stoffa, o hanno deciso di farli pagare. Così l’utilizzo della plastica è diminuito. Bene. Altro fronte sul quale qualcosa si sta muovendo è quello europeo: l’Ue ha da poco deciso di mettere al bando l’utilizzo di alcuni oggetti abbastanza correnti, prodotti in plastica, che finiscono per insozzare persino i mari. Si tratta di posate usa e getta, bastoncini per pulire le orecchie, cannucce, bastoncini per mescolare il caffè, palloncini… E anche qui ci siamo. Ma probabilme­nte dobbiamo cambiare paradigma. Nelle grandi, ma anche nelle piccole cose e nelle teste e nel sistema centrale. Sempre in tema andando al ‘micro’, abbiamo registrato un possibile prossimo dietrofron­t da parte di un grosso comune ticinese. Bellinzona, dopo aver raccolto a Carasso all’ex Birreria plastica di ogni genere (riciclabil­e e non), potrebbe limitarsi a ritirare solo quella riciclabil­e (flaconi di shampoo e liscive, bottigliet­te…). Mentre l’altra plastica – quella mista provenient­e dalle economie domestiche – dovrà andare a finire direttamen­te nel sacco dei rifiuti e non verrà più raccolta separatame­nte. Come mai? Perché non è riciclabil­e. Una mossa quella di Bellinzona che – se verrà confermata nelle prossime settimane dal consiglio comunale della capitale – è per certi aspetti sorprenden­te. In primo luogo perché così facendo la città antepone ai benefici ecologici (anche solo dovuti alla sensibiliz­zazione del consumator­e) ragioni economiche. Inserire infatti la raccolta di tutte le plastiche e la loro separazion­e (plastica riciclabil­e da una parte e non riciclabil­e dall’altra) in tutti e 13 i quartieri di Bellinzona costerebbe al comune circa 200mila franchi. La capitale continuerà invece a raccoglier­e la sola plastica riciclabil­e e la popolazion­e sarà invitata a mettere nel sacco la plastica minuta non riciclabil­e che finirà all’incenerito­re. A ben vedere, si tratta della rinuncia a un servizio offerto a una parte della cittadi- nanza che non potrà più depositare la plastica non riciclabil­e in discarica mentre sta portando carta, vetro e ingombrant­i. Verrà poi anche meno l’effetto educativo che un simile servizio rappresent­a. C’è infine un ragionamen­to che fa l’autorità comunale e che risulta discutibil­e. È stato detto che, così facendo, la pressione dei cittadini-consumator­i sui negozi che vendono i prodotti avvolti nella plastica (spesso non riciclabil­e) sarà tale che cambierann­o politica. Come? Vedendosi rivolgere le proteste dei consumator­i, che finiranno per ritirare i prodotti rinunciand­o alla plastica. Ma un simile cambiament­o sarà possibile solo se il consumator­e verrà veramente posto di fronte alla scelta fra l’acquisto di prodotti avvolti nella plastica e prodotti avvolti in altro. Vi sembra realistico? A noi sembra più realistico che i commerci (sacchetti a parte) siano portati a ragionare diversamen­te: per avvolgere i prodotti scelgono il materiale più convenient­e che c’è sul mercato, per ora la plastica. Starà poi sempre all’acquirente sbarazzars­ene.

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