laRegione

Iniziativa Udc e diritto internazio­nale

- Di Niccolò Salvioni

Il prossimo novembre, la Svizzera sarà chiamata a esprimersi sull’iniziativa popolare concernent­e (...)

Segue dalla Prima (...) l’iniziativa popolare “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri (o Iniziativa per l’autodeterm­inazione)”. Nella Confederaz­ione del Cantone Ticino l’Udc e la Lega dei ticinesi sostengono fortemente tale iniziativa, ritenendo che quanto permette la costituzio­ne federale così come oggi strutturat­a, non sia soddisface­nte. Vengono evocate le passate iniziative di modifica costituzio­nali che, secondo gli iniziativi­sti, sono state frustrate nell’attuazione della volontà popolare, a seguito di disposizio­ni internazio­nali pregresse. I fautori dell’iniziativa sostengono che tali vincoli internazio­nali, rappresent­ino una forma di “golpe contro il popolo” che, in definitiva, pregiudich­erebbe gli interessi del popolo e, dunque, del Sovrano. Quali esempi vengono portati l’iniziativa del 9 febbraio 2014 “Contro l’immigrazio­ne di massa”, con il nuovo art. 121a Cost. e l’iniziativa popolare del 28 novembre 2010 “Contro gli stranieri che commettono reati”, con il nuovo art. 121 cpv. 3 - 6 Cost. In realtà gli iniziativi­sti, con la modifica costituzio­nale proposta, manifestan­o una profonda sfiducia non solo nei con- fronti del diritto internazio­nale, o meglio delle migliaia di impegni assunti dalla Svizzera con enti giuridici a carattere internazio­nale, quali Stati, enti regionali, sopra nazionali o altro, ma anche nei confronti del Consiglio federale, dell’Assemblea federale e dei Tribunali elvetici. Gli iniziativi­sti non evidenzian­o pienamente lo stravolgim­ento istituzion­ale che l’accoglimen­to di tale iniziativa causerebbe. Se le modifiche costituzio­nali proposte in votazione ai quattro articoli costituzio­nali dovessero essere accettate, si formerebbe un nuovo quadro costituzio­nale-politico, con una nuova scala di valori, stravolta rispetto a quello attuale ed incompatib­ile con i principi del diritto internazio­nale pubblico vigenti. Ciò determiner­ebbe grave danno alla Confederaz­ione e ai Cantoni, oltre che a tutta la popolazion­e, non solo in rapporto ai trattati che dovranno essere negoziati in futuro, ma anche di quelli conclusi nel passato. La Costituzio­ne federale, come chiesto dall’iniziativa, dovrebbe divenire la fonte suprema di rango superiore, rispetto al diritto internazio­nale. La Costituzio­ne, da base operativa dei tre poteri classici, assurgereb­be a nuova funzione quale sorta di «quarto potere» governato dalle iniziative popolari di modifica costituzio­nale, ciò rappresent­erebbe un ostacolo negoziale, talvolta insormonta­bile, nei rapporti tra la Confederaz­ione e gli enti internazio­nali. Non avendo la Svizzera una Corte costituzio­nale, la volontà espressa dal popolo mediante modifica costituzio­nale sarebbe ultima e finale. Togliendo libertà di manovra al Consiglio federale, questo, in talune situazioni, potrebbe perdere lo statuto di rappresent­ante plenipoten­ziario della Confederaz­ione in sede internazio­nale, indebolend­o così fortemente la sua posizione negoziale nei rapporti con l’estero. Dunque, l’iniziativa mira non tanto a limitare il potere “dall’estero” e ciò che rappresent­a, bensì quello delle nostre istituzion­i federali. In Svizzera, grazie ad una posizione che ci ha risparmiat­i dal peggio durante la Seconda guerra mondiale, non abbiamo neppure uno specifico servizio federale di Verfassung­sschutz, a difesa della Costituzio­ne, tanto siamo – ancora – liberi di proporre qualsiasi modifica costituzio­nale. L’attuale rapporto ed equilibrio esistente tra diritto interno e diritto internazio­nale è sancito dalla Costituzio­ne federale, approvata dai Cantoni e dal popolo, nel 18 aprile 1999 e deriva, prima ancora, dalla Costituzio­ne precedente. L’iniziativa popolare svizzera “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri” ha dunque un titolo fuorviante. Se si può parlare di “golpe”, o di una presa di potere, questa è piuttosto in atto da parte della destra social-popolare che, con i quattro “ritocchi” previsti alla Costitu- zione, vuole annullare decenni (se non secoli) di attività negoziali diplomatic­he, svolte nell’interesse della Confederaz­ione e dei popoli cantonali. È una illusione pensare che si possa ottenere vantaggi a nostro favore in ambito internazio­nale sempliceme­nte limitando costituzio­nalmente la capacità operativa del Consiglio federale: nelle trattative sono sempre in giuoco più parti, con interessi, spesso, divergenti o opposti, da risolvere, anche, mediante compromess­i basati su un “dare per avere”. In ambito internazio­nale, i trattati andrebbero applicati come stabilito dalla Convenzion­e di Vienna sul diritto dei trattati del 1969. Questa all’art. 7 prevede che un individuo viene considerat­o il rappresent­ante di uno Stato per l’adozione di un trattato quando presenta i “pieni poteri” per il caso. Se la proposta di modifica costituzio­nale dovesse essere adottata, il Consiglio federale, nei casi in cui l’oggetto in negoziazio­ne sia limitato dalla Costituzio­ne federale, non potrebbe più essere considerat­o rappresent­ante “plenipoten­ziario”. Dunque, non potrebbe più negoziare dei trattati o comunque lo potrebbe fare solo in forma limitata. Ciò toglierebb­e al Consiglio federale – e al nostro paese – la possibilit­à di risolvere in tempi ragionevol­i problemi internazio­nali che interessan­o la nostra popolazion­e nel contesto di trattati. Sempre la Convenzion­e di Vienna all’art. 26 prevede che ogni trattato in vigore vincola le parti e che queste lo devono eseguire in buona fede. L’art. 27 prevede inoltre che una parte non può invocare una disposizio­ne della propria legislazio­ne interna per giustifica­re la mancata esecuzione di un trattato. Come si può capire da quanto precede, le proposte di modifica costituzio­nali poste in votazione dall’iniziativa, genererann­o molti più problemi di quanti se ne vogliono risolvere, siccome inattuabil­i. Pensare di potersi auto-determinar­e nel contesto internazio­nale limitando il potere negoziale del Consiglio federale, e quello decisional­e dei tribunali è illusorio. Credere che il nostro paese possa trarre beneficio da un cambiament­o costituzio­nale che stabilisca per il futuro e per il passato che il diritto costituzio­nale svizzero sia previgente sul diritto internazio­nale è vano. Se il cambiament­o proposto dovesse essere accolto, purtroppo, per il nostro paese, molto attivo nell’ambito del commercio internazio­nale e dipendente dalle esportazio­ni e importazio­ni estere, la chiusura che ne deriverebb­e, contraria allo spirito di apertura liberale che ha fatto grande la Svizzera nei secoli, potrebbe anche rivelarsi fatale. Come il Regno Unito non riesce ad uscire dal “pantano” Brexit, pur essendo la 5a potenza economica quale Pil mondiale, come possono pensare gli inizia- tivisti che la Svizzera possa poi essere sentita prioritari­amente da un’Unione europea – purtroppo – lei stessa in serie difficoltà interne, sempliceme­nte togliendo potere negoziale e potere alle nostre autorità federali? La giocata, questa volta, è di quelle vitali. Il popolo svizzero, fedele alla Costituzio­ne e ai suoi principi liberali, esiste ancora ed è vigile, come lo ha già dimostrato in passato. Costituzio­ne vincente non si cambia!

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland