Max Beckmann a Mendrisio
Tra i maestri dell’arte moderna, il tedesco Max Beckmann è tuttavia poco conosciuto in ambito culturale italiano. Un vuoto che il Museo d’arte di Mendrisio vuole contribuire a colmare con una grande mostra antologica che si aprirà domenica prossima (vernissage domani alle 17). Trenta dipinti, 17 acquarelli, ottanta grafiche e due sculture saranno esposte fino al 27 gennaio in una mostra realizzata grazie al sostegno della famiglia Beckmann e al contributo di Siegfried Gohr, tra i massimi studiosi dell’artista. L’allestimento, concepito con un andamento cronologico e con sale dedicate a tematiche specifiche, consentirà di cogliere chiaramente l’evoluzione del suo linguaggio da uno stile ancora tardo impressionista alla cesura dalla Grande guerra e alla successiva riduzione all’essenziale di linee, forme, colori. L’esposizione permetterà, in particolare, di ammirare buona parte della sua produzione grafica, elaborata principalmente tra il 1917 e il 1925 e dopo la Seconda guerra mondiale, decisiva sulla base di una nuova idea dello spazio nell’elaborazione del linguaggio maturo dell’artista, tra sogno e realtà. Nato a Lipsia nel 1884, nel 1899 Beckmann entra all’Accademia di Weimar, dove rimane fino al 1903. Nel 1906 si unisce alla Secessione a Berlino, dove vive fino al 1915. Raggiunge precocemente la celebrità con una pittura ancora legata a uno stile tradizionale e tardo-impressionista. Nel 1933 i nazionalsocialisti lo costringono a lasciare l’incarico di insegnamento e ben presto ricade nell’anonimità. Nel 1937, dopo che la sua arte viene marchiata come “degenerata”, sceglie senza esitazione l’esilio, dapprima in Olanda e in seguito negli Stati Uniti, dove si trasferisce definitivamente nel 1947. Gli ultimi anni americani vedono il suo stile evolvere verso una maggiore sintesi, con l’uso di colori più intensi. RED