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La politica del diritto

Il 25 novembre si vota sull’iniziativa per l’autodeterm­inazione dell’Udc: l’essenziale da sapere

- di Stefano Guerra

Come procedere quando popolo e Cantoni accettano un’iniziativa popolare che entra in contrasto con le disposizio­ni di un trattato concluso dalla Svizzera? I casi sono rari, ma aumentano. Oggi la questione viene regolata volta per volta e risolta per lo più attraverso modifiche di legge. All’Udc non va bene: vuole sancire il primato della Costituzio­ne sul diritto internazio­nale, con un meccanismo che prescriva il da farsi in caso di conflitto. Domande e risposte.

Su cosa si vota?

Sull’iniziativa popolare dell’Udc ‘Il diritto svizzero anziché giudici stranieri’, detta anche ‘Iniziativa per l’autodeterm­inazione’ (IA). Chiede che la Costituzio­ne federale abbia rango superiore rispetto al diritto internazio­nale (DI); in altre parole, che in caso di conflitto tra i due (capita quando viene approvata un’iniziativa popolare che è in contrasto, su uno o più punti, con un accordo internazio­nale firmato dalla Svizzera), la prima prevalga sempre sul secondo. Eccezione: le disposizio­ni cogenti (o imperative) del DI (divieto della tortura e della schiavitù, ad esempio).

Cosa dovrebbe succedere in questi casi, secondo l’Udc?

La Svizzera sarebbe obbligata a rinegoziar­e il trattato internazio­nale in questione, adeguandol­o alla Costituzio­ne. Se ciò non fosse possibile, il trattato – “se necessario” – dovrà essere denunciato. Questo meccanismo, destinato appunto a sancire il primato del diritto costituzio­nale su quello internazio­nale, non scatterebb­e sempre: è infatti previsto che i trattati assoggetta­ti a referendum facoltativ­o (l’accordo con l’Ue sulla libera circolazio­ne delle persone, tra gli altri) continuino a essere “determinan­ti” per Tribunale federale (Tf), governo e parlamento.

Cosa cambierebb­e rispetto a oggi?

La questione della gerarchia tra diritto costituzio­nale e DI verrebbe regolata nel dettaglio nella Costituzio­ne, e la Svizzera sarebbe tenuta ad attenersi a questo schema prestabili­to. Attualment­e, invece, non esiste alcuna rigida regola che stabilisca una volta per tutte cosa si debba fare nei casi (rari, ma in crescita negli ultimi anni) di contraddiz­ione: la Costituzio­ne, su questo aspetto, resta sul vago. In presenza di un conflitto con il DI, la ricerca di una soluzione viene demandata – caso per caso – a governo e parlamento e al Tf, che al riguardo dispongono di un ampio margine di manovra.

E cosa fanno questi di regola?

Consiglio federale e parlamento solitament­e optano per una modifica di legge, assoggetta­ta a referendum facoltativ­o: da un lato, così un articolo costituzio­nale approvato in votazione da popolo e Cantoni viene concretizz­ato – dopo che i vari interessi in gioco sono stati soppesati – in una legge; dall’altro, si cerca di fare in modo che questa legge d’applicazio­ne non vada a collidere con gli impegni internazio­nali assunti dalla Svizzera, ma si concili con essi. Il Tf, dal canto suo, si è più volte occupato – in sentenze riguardant­i casi specifici e di diversa natura – del rapporto tra diritto costituzio­nale e DI, o meglio di quale dei due debba prevalere in caso di conflitto.

Qual è la prassi seguita sin qui dal Tf?

Come detto, la Costituzio­ne non indica come risolvere un conflitto tra una norma di DI e una norma di diritto nazionale, tranne nel caso delle iniziative popolari, di cui la carta fondamenta­le prevede l’annullamen­to quando sono contrarie alle disposizio­ni cogenti del DI. Nella revisione totale del 1999 è stato sancito il principio del primato del DI. Ma al contempo è stata codificata la cosiddetta ‘prassi Schubert’, seguita sino ad allora dal Tf: se il parlamento deroga consapevol­mente al diritto internazio­nale, approvando una legge federale che contraddic­e una (più vecchia) norma di DI, la legge a titolo eccezional­e

può essere applicata – a meno che essa violi i diritti fondamenta­li – e il Tf deve attenersi a tale decisione.

Perché l’Udc ha lanciato la sua iniziativa?

Lo ha fatto nel marzo del 2015, sette mesi prima delle ultime elezioni federali. Marketing politico, quindi. Ma non solo, certo. Il partito intendeva anche reagire a recenti sviluppi sul piano politico e giuridico. Sosteneva che il suo testo avrebbe permesso di attuare le decisioni di popolo e Cantoni che “i politici [sfruttando appunto l’ampio margine di manovra di cui sopra, ndr] rifiutano di applicare invocando il diritto internazio­nale”. Ma nel collimator­e l’Udc aveva anche il Tf.

C’è un casus belli?

Sì. È la sentenza con la quale, nel 2012, i giudici losannesi annullano l’espulsione di un macedone residente sin dall’età di 7 anni in Svizzera e condannato per traffico di droga, stabilendo che la Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo (Cedu) – in particolar­e il principio di proporzion­alità della sanzione e le norme relative al rispetto della vita privata e familiare, sui quali i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo si erano mostrati intransige­nti – prevalga non solo sulle leggi federali, ma anche sulle disposizio­ni costituzio­nali frutto della volontà popolare (nello specifico: quelle ‘contro l’espulsione di criminali stranieri’, approvate il 28 novembre 2010). L’Udc allora accusa il Tf (a torto: in gioco vi sono infatti le norme internazio­nali sui diritti umani) di volersi congedare dalla ‘prassi Schubert’.

Solamente motivi contingent­i come questi hanno spinto l’Udc a lanciare l’iniziativa?

No. Il ‘terreno spirituale’ della battaglia contro i giudici stranieri (tutti i giudici, in realtà, quelli elvetici in primis) era già stato preparato da tempo da Christoph Blocher, ha ricordato la ‘Weltwoche’: quando da consiglier­e federale ministro della Giustizia (2004-2007) denunciò a più riprese un presunto, crescente strapotere dei giudici, stranieri e indigeni, a scapito della volontà popolare. Ma già nel 1992 il leader democentri­sta fece dei ‘giudici stranieri’ – un concetto centrale, quasi mitologico nella storia della Confederaz­ione e nell’immaginari­o elvetico, ha spiegato lo storico Georg Kreis sulla ‘Nzz’ – una potente arma politica contro l’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo. Negli ultimi anni lo spauracchi­o è stato rispolvera­to ogniqualvo­lta una sentenza di Strasburgo (sede della Corte europea dei diritti dell’uomo) non aggradava l’Udc; e quest’ultima è tornata ad agitarlo con forza nelle schermagli­e retoriche dell’annunciata madre di tutte le battaglie: quella, al momento tutta ipotetica, contro il futuro accordo quadro con l’Ue.

L’IA è un’iniziativa ‘anti-diritti umani’?

Così la definiscon­o le organizzaz­ioni non governativ­e, sostenendo che l’obiettivo nascosto dell’Udc sia la denuncia della Cedu. L’IA però non la richiede esplicitam­ente. E lo stesso Christoph Blocher, in una recente intervista alla ‘Liberté’, ha ammesso di non avere “niente” contro la Cedu in sé. Gli esponenti Udc su questo punto non hanno mai fatto chiarezza: nel corso degli anni si sono contraddet­ti l’un l’altro, intrattene­ndo la confusione. Certo è che, in caso di ‘sì’, governo e parlamento si ritrovereb­bero tra le mani uno chèque in bianco per disdire la Cedu.

Quanto concreto è il rischio che si arrivi a una disdetta della Cedu?

Realistica­mente, è poco probabile che si arrivi a tanto. Per ragioni politiche e giuridiche. Un conto è criticare (lo fanno non solo Blocher & co., ma persino giuristi non sospetti di simpatie democentri­ste) singole sentenze della Corte di Strasburgo; tutt’altra storia sarebbe riunire una maggioranz­a politica – in governo e poi in parlamento – disposta a buttare a mare la Cedu. Il Dipartimen­to federale di giustizia e polizia afferma che a lungo termine la Svizzera arrischia di non più essere in grado di rispettare gli standard della Cedu e, pertanto, di venire esclusa dal Consiglio d’Europa, il che equivarreb­be a una denuncia della convenzion­e (tradotto: i cittadini elvetici perderebbe­ro la facoltà di ricorrere a Strasburgo). Ma anche uno scenario simile appare tutto sommato piuttosto remoto.

‘Solamente’ i diritti umani sono in gioco nella votazione del 25 novembre?

No. Difatti l’Udc parla sempre più volentieri di autodeterm­inazione e democrazia diretta che non di ‘giudici stranieri’ e diritti umani. Le criti- che non sono più rivolte in primo luogo alla Corte di Strasburgo o al Tf (reo ai suoi occhi anche di aver stabilito, nel novembre 2015, che l’accordo sulla libera circolazio­ne delle persone, come la Cedu, prevale sulle leggi federali), bensì più genericame­nte alle “autorità svizzere”. Si tratterebb­e né più né meno di “salvare la democrazia diretta” dall’“abuso di potere” commesso dalle “élite politiche liberali e socialiste che siedono a Berna”, che “dicono al popolo che può ancora votare, ma non lo ascoltano più” (Blocher). Un esempio: l’applicazio­ne ‘eurocompat­ibile’ dell’articolo costituzio­nale sull’immigrazio­ne.

Chi sostiene l’iniziativa? Chi la combatte?

L’Udc è sola contro tutti. La Lega le dà man forte in Ticino. Contrari all’IA sono Consiglio federale, parlamento, tutti gli altri grandi partiti, tutte le maggiori organizzaz­ioni dell’economia e un’Alleanza della società civile che raggruppa 120 Ong. Si ripresenta così una costellazi­one che si era già creata un paio di volte negli ultimi anni: a fine 2013/inizio 2014, prima della votazione sull’iniziativa ‘contro l’immigrazio­ne di massa’ (50,3% di ‘sì’); e nell’inverno 2016, durante la campagna in vista della votazione su un’altra iniziativa democentri­sta, quella detta ‘Per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri che commettono reati’, poi respinta alle urne (59% di ‘no’).

Cosa dice l’Udc?

Appunto: che la democrazia diretta è in pericolo, erosa a seguito dell’estensione del campo d’applicazio­ne del DI. L’IA rappresent­a un’opportunit­à per ripristina­re la volontà popolare, confiscata dalle ‘élite bernesi’ e dai giudici ‘stranieri’ ed elvetici, che appellando­si a quest’ultimo non applicano (o lo fanno solo parzialmen­te) le decisioni di popolo e Cantoni. L’iniziativa dissipereb­be la confusione attuale, stabilendo una chiara gerarchia tra Costituzio­ne e DI e prescriven­do come procedere in caso di conflitto tra i due. I diritti umani? Non sono in discussion­e: le disposizio­ni cogenti del DI non sono interessat­e dall’IA; e anche se si dovesse arrivare un giorno a denunciare la Cedu, tutti gli altri diritti umani verrebbero comunque salvaguard­ati nel nostro Paese, visto che sono iscritti nella Costituzio­ne.

Cosa dicono i contrari?

Il “meccanismo rigido e rischioso” (Consiglio federale) che spiana la strada alla disdetta di trattati incompatib­ili con la Costituzio­ne indebolire­bbe la posizione della Svizzera all’estero, minandone la reputazion­e, la fiducia che gli altri Paesi hanno nella Confederaz­ione e, in ultima analisi, gli interessi della popolazion­e e dell’economia. L’IA inoltre indebolire­bbe la protezione dei diritti umani e porterebbe a dover rinegoziar­e numerosi trattati (600, dice Economiesu­isse; ma la cifra è controvers­a). Si creerebbe confusione, e a patirne sarebbe la certezza del diritto, dato che vi sarebbero “interminab­ili discussion­i politiche”: quando si verifica una “contraddiz­ione”? Cosa significa denunciare un trattato “se necessario”? Chi decide: il governo o il parlamento? Molti giuristi, poi, sostengono che l’IA – sacrifican­do i giudici sull’altare della volontà popolare – minacci la separazion­e dei poteri, principio cardine dello Stato di diritto. A questo proposito, si ricorda che il popolo svizzero ha sempre l’ultima parola sui trattati internazio­nali più importanti siglati dalla Confederaz­ione.

Quante chance ha l’IA di essere approvata?

Un colore tenue (il giallo) al posto di quelli abituali, forti (il rosso, il nero); niente slogan provocator­i, ma toni pacati; volti rassicuran­ti, di persone ordinarie: l’Udc stavolta ammicca all’elettorato moderato. Difficilme­nte basterà. L’IA sarebbe già in affanno, stando ai primi sondaggi: e se si considera che la tendenza all’approvazio­ne di un’iniziativa in genere cala nel corso di una campagna di votazione, la sua sorte pare segnata. All’orizzonte, comunque, già si delineano due altri cruciali appuntamen­ti alle urne, altrettant­e occasioni di rivincita per l’Udc: l’iniziativa popolare, lanciata assieme all’Azione per una Svizzera neutrale e indipenden­te, detta ‘Per un’immigrazio­ne moderata’ (chiede esplicitam­ente di abolire la libera circolazio­ne); e il referendum contro l’eventuale accordo quadro con l’Ue.

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KEYSTONE La sede del Tribunale federale a Losanna

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