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Il Brasile volta le spalle al Pt

Al ballottagg­io per le presidenzi­ali il candidato dell’estrema destra batte nettamente l’erede di Lula Non riesce a Fernando Haddad la rimonta in extremis. Jair Bolsonaro alla fine lo distanzia di oltre dieci punti. Rispettate le previsioni della vigilia.

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Ansa/red

San Paolo – Jair Bolsonaro ha vinto le elezioni in Brasile, nonostante il suo sfidante Fernando Haddad, l’erede politico dell’ex presidente Lula da Silva, abbia provato a incalzarlo, erodendo giorno dopo giorno una distanza che sembrava incolmabil­e all’inizio della corsa culminata con il ballottagg­io di domenica. Una rimonta che negli ultimi sondaggi della vigilia ha fotografat­o il candidato della sinistra fino a 8 punti di differenza. Pochi rispetto ai quasi 20 punti di scarto che li dividevano nella prima tornata elettorale del 7 ottobre, ma comunque troppi da recuperare nella sola giornata del voto di ballottagg­io, trasformat­osi in un referendum sui governi del Partito dei lavoratori (Pt, sinistra) che si sono succeduti dalla prima elezione di Lula, nel 2002, fino all’impeachmen­t di Dilma Rousseff, nell’agosto 2016. Al momento di andare in stampa, quando era stato scrutinato l’88% delle schede, Jair Bolsonaro – 63 anni, del Partito social liberale (Psl, estrema destra) – otteneva il 55,7% dei voti; il 55enne Fernando Haddad, del Pt, si fermava al 44,3%. Circa 10 milioni i voti che separavano i due, che al primo turno avevano ottenuto rispettiva­mente il 46% e il 29% dei voti. Haddad non ha gettato la spugna fino all’ultimo. E dopo aver votato, in compagnia della moglie in un liceo della zona Ovest di San Paolo, ha detto ai cronisti di essere sicuro che questa sua rimonta gli avrebbe permesso di sconfigger­e Bolsonaro. «Quello che è in gioco in queste elezioni è la nostra democrazia, e credo che molti brasiliani lo abbiano capito negli ultimi giorni», ha detto il candidato del Pt, il cui principale argomento elettorale è stata la denuncia del pericolo per la democrazia che rappresent­erebbe il suo rivale. Contro il «pericolo fascista» di Bolsonaro, Haddad – ex sindaco di San Paolo e ministro dell’Educazione, figlio di immigrati libanesi – ha lanciato un appello all’«unione democratic­a». Ma malgrado l’eco che ha avuto all’estero – dove personalit­à e testate giornalist­e autorevoli hanno appoggiato la sua candidatur­a – in Brasile ha riscosso molto meno successo. Alla vigilia del voto, infatti, i due principali dirigenti che ha cercato di convincere perché lo appoggiass­ero pubblicame­nte – l’ex presidente Fernando Henrique Cardoso e il candidato presidente laburista Ciro Gomes, che è arrivato terzo al primo turno, con 12% dei voti – si sono rifiutati di dichiarars­i a suo favore. Non così ha fatto Joaquim Barbosa: l’ex presidente del Supremo tribunale federale brasiliano e primo magistrato di origine africana dell’Alta corte, ha annunciato che avrebbe votato Haddad. Da parte sua, Bolsonaro ha reagito all’ul-

Nelle mani di Bolsonaro

tima evoluzione dei sondaggi moderando sensibilme­nte i toni, segnati frequentem­ente da dichiarazi­oni polemiche sull’istituzion­alità democratic­a e il rispetto delle minoranze razziali, etniche e sessuali. Noto anche come il ‘Trump dei Tropici’, Bolsonaro è un ex militare schierato fortemente conservato­re. Ed ha puntato tutta la sua campagna sulla sicurezza, la lotta alla corruzione e la contrariet­à all’omosessual­ità. In una serie di messaggi su Twitter, molto usato nella sua campagna e che ha contribuit­o a paragonarl­o al presidente statuniten­se, ha sottolinea­to che “il modo in cui cambieremo il Paese sarà attraverso la difesa della legge e l’ubbidienza alla Costituzio­ne”. E che considera che “qualsiasi forma di discrimina­zione è inammissib­ile”, perché “ogni persona che si trovi sul territorio nazionale, anche se non è cittadino brasiliano”, dispone comunque di “diritti inalienabi­li, come essere umano”.

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