Hamilton batte il cinque
Il trionfo (annunciato) del pilota della Mercedes arriva in Messico, dove il più veloce è l’olandese Max Verstappen
Il campione del mondo 2018 è Lewis Hamilton, per la quinta volta e a bordo di una Mercedes-Benz semplicemente perfetta, anche se all’inizio del Mondiale non lo era. Una vittoria meritata da parte di un team che beneficia di una gestione semplicemente perfetta, sotto la guida di Toto Wolff che ne è capace condottiero. Il ‘team principal’ ha dimostrato negli anni il valore del suo lavoro e della sua visione manageriale. Ha goduto sempre dell’appoggio di Dieter Zetsche, gran patron della Daimler ormai prossimo alla pensione, che non ha mai lesinato sul budget e sforzi per fare vincere la squadra. In questa stagione inizialmente durissima sono stati trovati aggiornamenti continui e di valore di performance. Bottas è stato gestito al meglio come secondo pilota, Hamilton è stato motivato nei momenti critici.
‘Ma la gara di ieri a un certo punto è diventata orribile – dice l’inglese –, e alla fine pensavo solo ad arrivare in fondo’
Mondiale stravinto, quindi, senza riserve. Resta aperto il capitolo Costruttori, quello che Enzo Ferrari considerava da sempre il vero Mondiale. Arrivabene ieri ha cercato di indicare questo, come obiettivo di fine stagione per la Ferrari, pur sapendo che non sarà facilmente raggiungibile. benché a livello di punti sia fattibile. «Non ho vinto qui, ma in tutte le gare che hanno preceduto questa – dice, a caldo, il cinque volte campione –. Quindi voglio ringraziare tutta la squadra, dai ragazzi in fabbrica ai meccanici del box». Prima di aggiungere che in Messico «è stata una corsa orribile: dopo una buona partenza stavo recuperando, poi invece ho cominciato a faticare tantissimo. E a quel punto ho pensato soltanto ad arrivare in fondo». Vettel ieri era commosso e deluso:
ha ammesso i suoi errori, ma si è anche sentito svuotato perché un pilota di F1 non è interessato a null’altro che alla vittoria, l’unica cosa che resti scolpita negli annali a futura memoria. Era scosso. In cuor suo non può che pensare quanto sia difficile vivere in seno alla Ferrari. Lo stesso pensiero lo può avere il giovane Leclerc, chiamato a emergere, alla luce del talento di cui è dotato. Nel mare politico di Maranello non ci sono Horner e Marko della Red Bull, fantastica incubatrice per Verstappen. L’olandese ieri ha vinto bene, dominando dal via grazie a una bella partenza e dopo aver resistito
ad Hamilton alla prima staccata. Gli ingredienti per un brivido iniziale c’erano tutti. I due piloti Red Bull affiancati (sfortunato Ricciardo all’ottavo ritiro nel Mondiale 2018), alle loro spalle Hamilton e Vettel. Invece tutto tranquillo, con l’intuizione di Lewis di andare al centro tallonando Verstappen e chiudendo Vettel. Poi, appunto, al primo tornante questo 21enne ha portato la sua monoposto a un limite di frenata semplicemente straordinario. Molto bene davvero le Sauber. Finire ottavi vale milioni di dollari. Tutti a Hinwil lo sanno e quindi mettere a punti entrambe le monoposto tenendo a debita distanza
Toro Rosso, può permettere almeno di sperare in un recupero nel finale per rimpinguare le casse per ora sostenute dalla proprietà svedese. Bravissimo e arguto Leclerc, per la prima volta sul circuito messicano intitolato ai fratelli Rodriguez: non una sbavatura, fuori dai contatti e veloce, terribilmente veloce. Per la Sauber, la conferma che per il 2019 ci si possa attendere un ulteriore passo avanti: basta rammentare che la monoposto 2018 era stata pensata per il propulsore Honda, e solo in seguito per quello Ferrari. La corsa è stata dominata dal tema gomme che ne ha influenzato il risultato. Le MercedesBenz erano in difficoltà, ma non a sufficienza per rimandare al Brasile il titolo di Hamilton. I motori Renault sono stati all’altezza. Probabilmente, complici sia l’altitudine di Città del Messico sia l’ultimo upgrade, sono sembrati performanti se consideriamo l’andamento della gara e lo stacco alla partenza di Verstappen. Ora si va in Brasile e poi Abu Dhabi: Vettel e Raikkonen tenteranno di raddrizzare un’annata vinta sì da Mercedes-Benz, ma pure persa dalla Ferrari, vittima del dualismo Arrivabene-Binotto.