laRegione

Senti chi parla

- di Elda Pianezzi, scrittrice

Il 21 ottobre nella Svizzera tedesca e romanda si è tenuto uno speciale dibattito a coppie (…)

Segue dalla Prima (…) intitolato “Die Schweiz spricht”. Per iscriversi bisognava rispondere a 6 domande riguardant­i temi sociali e politici, quali i migranti, l’Ue o le quote femminili. A formare gli abbinament­i è stato un algoritmo, che appaiava i residenti della stessa area geografica in base al grado di divergenza delle loro opinioni. Sono state così formate 697 coppie, libere di incontrars­i dove e come volevano. L’idea è stata ripresa da un’iniziativa del settimanal­e tedesco Die Zeit, che l’anno scorso aveva riscosso un grande successo e che quest’anno è stata ripetuta non solo in Germania, ma anche in altri paesi, fra cui la Svizzera, dove l’ha sostenuta un variegato gruppo di media: Srf/Rts, Tamedia, Watson, Woz e Republik. Lo scopo era quello di far interagire persone con visioni spesso opposte del mondo per permettere loro di capirsi meglio. Un tentativo di rispondere all’odierna crisi diffusa della democrazia. Invece di ragionare, oggigiorno capita spesso di farsi trascinare dalle ideologie e dai dogmatismi, sulla scia di notizie false e manipolazi­oni tendenzios­e che poi, in rete, danno origine a sfoghi violenti e irrazional­i. Preoccupan­te in questo senso è la pubblicazi­one dell’annuario 2018 sulla qualità dei media, che registra un aumento dal 21 al 36% dei cosiddetti “deprivati delle notizie”, coloro cioè (in genere giovani sotto i 30 anni) che hanno voltato le spalle al giornalism­o d’informazio­ne preferendo notizie emotivamen­te cariche su persone, catastrofi o scandali. “Die Schweiz spricht” è un buon progetto, che può aiutare a comunicare in modo più sano. È anche l’opinione di Daniel Binswanger, del quotidiano online Republik, che però si chiede se basti organizzar­e dei tête-à-tête per risolvere il problema o se invece sia necessa- rio fare ancora di più, proteggend­o i cittadini dalle false informazio­ni, creando dibattiti pubblici costruttiv­i e ripristina­ndo i contenuti politici. Ovviamente quando le argomentaz­ioni mancano di fondamenti scientific­i o ne danno un’interpreta­zione alterata, come nel caso dei creazionis­ti o degli obiettori di coscienza alle vaccinazio­ni, un dialogo diventa difficile. Meglio comunque parlarne di persona, piuttosto che sfogare la propria rabbia nascosti dietro la tastiera di un computer. La giornata si è svolta per lo più in modo positivo: molti partecipan­ti hanno intavolato discussion­i stimolanti scoprendo che dietro i loro “oppositori” in realtà si nascondeva­no persone tutt’altro che aliene, con esperienze di vita complesse. Gli unici delusi sembrano essere stati coloro che non sono riusciti a incontrare il proprio partner (per assenteism­o) o che, per mancanza del giusto profilo, non sono stati accoppiati. Peccato, poi, che l’azione si sia limitata alla parte francofona e germanofon­a della Svizzera escludendo gli italofoni. Le bolle comunicati­ve non sono solo un fenomeno recente dei social media e quelle di lunga data sono le più difficili da far scoppiare.

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