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Quando la Lega veste di rosso

- Di Alfonso Reggiani

Veste i panni del ‘partito delle tasse’ il Municipio di Lugano a maggioranz­a leghista quando chiede al Consiglio comunale di rinunciare a ridurre il moltiplica­tore? Di primo acchito, potrebbe essere letta in questi termini la richiesta formulata nei giorni scorsi dal titolare del Dicastero finanze Michele Foletti affiancato dal sindaco Marco Borradori. Così, però, non è, anche se il discorso stride in maniera eclatante con la linea del domenicale. In realtà, l’esecutivo ha ragioni ben fondate sui numeri per reclamare prudenza invitando a evitare un’altra riduzione del tasso d’imposta che potrebbe avere l’effetto perverso di generare nuovi debiti e di ridurre ulteriorme­nte prestazion­i e servizi alla cittadinan­za.

Il risanament­o finanziari­o della Città è infatti ancora agli inizi. Lo ha messo nero su bianco il Municipio nel messaggio sul preventivo 2019 in cui scrive che, in cinque anni, ha ottenuto solo briciole nella riduzione del debito con le banche che si aggira sul miliardo di franchi. Un aspetto invece centrale nella ricerca di partner finanziari. E in futuro potrebbe essere un grosso problema. Anzitutto, il bisogno di contenere e abbattere i debiti è confermato pure da Moody’s, società di rating che negli ultimi due anni ha valutato la situazione finanziari­a di Lugano. Le prospettiv­e stabili, dal profilo del costo del denaro, hanno portato ricadute positive perché oggi viene applicato uno spread inferiore (rispetto al passato) alla Città che non ha faticato a trovare prestiti a breve termine con interessi negativi. Però, Moody’s segnala, come possibile causa del peggiorame­nto del rating, proprio la crescita del debito e sottolinea l’esigenza di ridimensio­narlo a medio termine. Le prospettat­e vendite di beni immobiliar­i (la casa montana di San Bernardino e il sedime su cui sorge GastroTici­no) sicurament­e non basteranno mentre i tassi d’interesse sono in ogni caso destinati a salire.

Non solo. Per il futuro, appare insufficie­nte anche l’incremento annuale di tre punti percentual­i del grado di autofinanz­iamento degli investimen­ti (al 53% nel 2019) voluto dal Municipio che, per ottenerlo, ha fatto slittare una serie di opere al quadrienni­o successivo anche a causa del moltiplica­tore ridotto al 78% quest’anno (che è ‘costato’ 6 milioni di gettito in meno). Ciò equivale a un’automatica crescita dei debiti di Lugano verso terzi, pari agli investimen­ti netti non autofinanz­iati (a preventivo 2019 sono al 47%, circa 30 milioni, mentre fino al 2022 la cifra lievita a 105 milioni di franchi). E questo, di fatto, manderebbe in fumo l’auspicata riduzione dei debiti di 100 milioni nei prossimi otto anni da realizzare con misure straordina­rie.

All’orizzonte, si profilano prospettiv­e ignote e inquietant­i per l’erario cittadino. In primis, la riforma fiscale cantonale in gestazione che, nel medio termine, potrebbe portare al crollo del gettito delle persone giuridiche di 30 milioni in riva al Ceresio e che, in una valutazion­e più ottimistic­a, e tenuto conto di ipotetiche misure cantonali compensato­rie, oggi sconosciut­e, potrebbe comunque incidere con minori entrate fiscali di almeno una decina di milioni. Un’indicazion­e per nulla rassicuran­te per la Città confrontat­a, si legge nel preventivo 2019, con la necessità di reperire, entro il 2023, 338 milioni di franchi per il rimborso dei prestiti che andranno in scadenza. Ancora peggio, se si considera l’orizzonte temporale fino al 2025, visto che i milioni da trovare sfiorerann­o i 600. Insomma, i margini per un’altra riduzione del moltiplica­tore, seppur minima, se ci sono, sono solo politici.

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