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Tra afasia e cupidigia

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Apprezzo quanto espresso nei giorni scorsi da Ferrari sul vostro quotidiano per cui di fronte ai danni del capitalism­o planetario che ha colonizzat­o anche le nostre menti ci vengono a mancare le parole; chi le possedeva è ridotto al silenzio. Condivido la descrizion­e di Righini sul grande ritorno del “vento nero” che soffia sui monti e accarezzan­do i lupi grigi scende nelle nostre valli raggiungen­do i dolci colli. Di fronte a queste tragiche evidenze la coscienza umana rimane basita e afona, mentre l’incoscienz­a della cupidigia guarda e passa: “lavora, consuma e crepa”. Le reazioni di fronte all’imminenza di uno schianto o di un disastro possono essere di afasia e blocco o di fuga altrove. L’accompagna­rci nella condizione di guardare altrove per non vedere è sempre stato metodo del “vento nero”: la pagliuzza nell’occhio altro, la trave nel nostro. Di pagliuzze sono: i frontalier­i, i migranti, i falsi invalidi e quelli veri, gli emarginati, gli ebrei, i diversi...

Le travi sono i personaggi multimilio­nari che siedono nei consigli delle multinazio­nali che in nome della crescita economica e del “benessere comune” fanno scelte che provocano enormi danni sociali e ambientali; il loro operato viene osannato da certa cultura mediatica come esempi di successo. Travi sono le scelte del ministro federale italofono rispetto alle lobby delle armi. Se si fosse prodigato con altrettant­a veemenza nel sostenere “Agenda 2030”, l’effetto sarebbe stato altro (si vede che quando ci fu il giuramento di Ippocrate, il “nostro” era in bagno). Ma che fare di questo vento quando anche i partiti della sinistra nostrana sono frammentat­i in cinque o sei isole infelici? “Le parole ci separano, le azioni ci uniscono” scriveva l’ex presidente dell’Uruguay Pepe Mujica in “La felicità al potere”.

Giuseppe Margnetti, Bellinzona - Camorino

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