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C’è solo da recitare il mea culpa

Conz è deluso per il triste epilogo, che vede il Ginevra rimontare un doppio svantaggio in meno di 2’ tra il 56’ e il 57’

- di Marco Maffiolett­i

Ginevra – Fa quasi tenerezza il povero Conz a fine gara. La faccia del portiere, lasciato solo dai suoi compagni nel disastroso finale, è il dipinto della delusione. «Una sconfitta simile mi era già capitata quando difendevo la porta del Friborgo, proprio a Ginevra. Possiamo solo prendercel­a con noi stessi, avevamo giocato bene per 55’ – afferma il giurassian­o –. Negli ultimi minuti non abbiamo fatto il nostro gioco e non siamo quindi riusciti a liberare la zona difensiva. Dobbiamo solo guardarci allo specchio e poi dimenticar­e in fretta l’accaduto». Eppure non c’erano le avvisaglie di un possibile recupero ginevrino. «Onestament­e, è difficile da dire. Io, in qualità di estremo difensore, mi concentro solo a intercetta­re il disco e non penso ad altro durante il match. Forse, sul 4-2, ci credevamo al sicuro». Nella testa di Conz cosa è frullato in quei folli istanti? «Ero frustrato, ma ho cercato di restare calmo; la gara non era ancora terminata». Il numero 1 non vuole nemmeno sentire la scusa della stanchezza (alla vigilia, il Servette aveva in effetti riposato). «Durante tutta la contesa abbiamo dimostrato di essere superiori, propo-

nendo un ottimo forechecki­ng». Ora arriva la pausa dedicata alla Nazionale. «Onestament­e avrei subito voglia di rigiocare la partita col Ginevra, e stavolta vincerla, ma nelle ultime settimane abbiamo giocato e dato molto, perdendo spesso per poco. Quindi, mentalment­e la pausa ci farà bene, e ci permetterà di lavorare duramente per migliorare», conclude il 27enne. Coach Cereda è impassibil­e e non lascia trasparire emozioni. «La

sconfitta è presto spiegata: loro hanno sfoderato il disperato attacco finale buttandosi in 5 in avanti, e noi abbiamo perso i duelli davanti alla nostra porta, il punto cruciale nell’hockey moderno. Sono deluso per i ragazzi: hanno lavorato duro. D’altro canto provo pure rabbia per l’epilogo». Cereda ha schierato in sostanza solo tre centri, anche perché Novotny era acciaccato. «Avevamo 5 coppie d’ali abbinate a 3 centri: quando allenavo i Rockets,

ogni tanto proponevo questa soluzione. Con l’Ambrì è stata una prima. Loro erano riposati, noi eravamo reduci da un match dispendios­o e da una lunga trasferta, volevamo così tenere un ritmo alto. Lo scopo era di alzare il livello d’intensità durante la partita». Incoraggia­nte la prova di Lerg. «Era fermo da 2 mesi; solitament­e per ritrovare la forma completa ce ne vogliono altrettant­i. Ha giocato bene, siamo contenti; ha un’ottima attitudine, ma bisogna aver pazienza prima di vederlo al top». Dopo oltre un quarto di regular season è tempo per un primo breve bilancio: «Ci sono cose positive e altre assolutame­nte da migliorare. Prima su tutte la costanza. Ci sono ancora troppe differenze tra un tempo e l’altro. Complessiv­amente siamo dove pensavamo di essere. Sappiamo di avere dei punti forti e tanti deboli. Non ci sono magie, si deve e si può solo crescere con il lavoro quotidiano».

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Iniziata bene, la serata ginevrina dell’Ambrì Piotta si trasforma in un incubo

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