laRegione

Se le firme non arrivano...

- Di Matteo Caratti

L’iniziativa popolare per un Ticino laico, che intendeva sostituire i riferiment­i espliciti alla chiesa cattolica e a quella evangelica presenti nella Costituzio­ne cantonale con una nuova norma volta a sancire che lo Stato è laico e osserva la neutralità religiosa, è dunque fallita. Qualcuno con un sorriso sornione si fregherà le mani; altri tireranno un sospiro di sollievo; altri ancora mastichera­nno amaro. Ma i più sono restati di fatto indifferen­ti e non si sono nemmeno accorti di questo insuccesso. Credo che agli iniziativi­sti sia risultato persino difficile spiegare la necessità di una simile iniziativa.

Segue dalla Prima Di qui la scarsa messe di firme. Oggi, da una buona maggioranz­a, non è più ritenuto necessario dirsi laici. Perché mai garantire equità e parità di trattament­o fra cittadini con credenze religiose diverse e/o fra chi non crede? Qual è il bisogno? Segno dei tempi, tempi di indifferen­za, forse dovuta al fatto che (per fortuna) sono lontane e dimenticat­e le storiche tensioni fra credenti e laici, che hanno portato anche qui da noi ad accese dispute fra liberali e conservato­ri e persino a qualche versamento di sangue. Insomma, il tema intavolato non è uno di quelli che tocca il portafogli­o. Allo stesso tempo viviamo però anche in un periodo storico in cui i culti legati alla nostra tradizione religiosa cristiana (cattolica o riformata) stanno vivendo una lunga e profonda crisi. Per averne conferma basti andare a vedere quanti si iscrivono ancora all’ora di religione facoltativ­a (insegnamen­to confession­ale) nelle scuole. Davvero pochi. O quanti si sposano ancora in chiesa o frequentan­o la messa la domenica. Tanto che in alcune parrocchie si sono raggruppat­e le funzioni. Quasi che il credere nei culti della nostra tradizione o il definirsi laici, abbiano perso viepiù di significat­o. Ma l’hanno perso sin tanto che non spunta la paura del diverso, in particolar­e di un certo Islam. Allora, quando ci troviamo a tu per tu con chi sa benissimo (magari anche più di noi?) chi è, e in chi e che cosa deve credere, ecco che i timori montano e non esitiamo a invocare/rispolvera­re le nostre radici cristiane o a riscoprirc­i laicissimi, anche se probabilme­nte c’è anche chi non sa più tanto bene cosa significhi davvero essere autenticam­ente l’uno e nemmeno l’altro. Non andremo dunque a votare e non ne dibatterem­o, ma non inganniamo­ci: il tema della laicità e della relazione Stato/confession­i non è di quelli che per quelle poche firme sparisce per sempre in un cassetto. E, se un domani, tanto per fare un esempio, altre religioni dovessero chiedere di venir equiparate a quelle fin qui riconosciu­te? Cosa si risponderà loro? Ciò che separa quello che è discrimina­torio da quello che non lo è, spesso è un nonnulla! E un nonnulla, quando c’è di mezzo un credo, è in grado di riaccender­e/incendiare gli animi.

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