I Dem vincono ai punti
Il Partito democratico riconquista la Camera, i Repubblicani consolidano la maggioranza al Senato. Ora il potere della Casa Bianca sarà più limitato.
Trump evita il ko, ma non una sconfitta ai punti. Alle elezioni di metà mandato i Democratici riconquistano la maggioranza alla Camera, sia pure perdendo alcuni seggi al Senato. Una rimonta ancora troppo timida per parlare di ‘onda blu’: i Dem guadagnano le zone suburbane e tengono duro nelle città, ma restano fuori dall’America rurale. Più opportuno semmai notare un’‘onda rosa’: per la prima volta saranno almeno cento le deputate donne, molte delle quali appartenenti a minoranze etniche. Fra le nuove elette, 30 su 31 sono democratiche. Per quanto riguarda i governatori, tornano blu alcuni Stati ‘operai’ del Midwest che alle presidenziali avevano preferito Trump a Hillary, come il Michigan e il Wisconsin. Ma il potere democratico rimane concentrato sulle coste, e soprattutto sfumano alcuni sogni che stavano quasi per realizzarsi. Come l’elezione al Senato del carismatico progressista Beto O’Rourke, salutato dall’ala sinistra del partito come ‘l’Obama bianco’. O’Rourke si ferma a soli 2,6 punti di distanza dall’immarcescibile Ted Cruz in Texas, dove un democratico non vince da trent’anni. Stessa sorte per gli aspiranti governatori afroamericani Stacey Abrams e Andrew Gillum. La prima, moderata, mirava a diventare la prima governatrice nera della Georgia, e dovrebbe perdere per meno di due punti percentuali. Il secondo, ‘radicale’ à la Bernie Sanders, sfidava in Florida l’ipertrumpiano Ron DeSantis: resta indietro di mezzo punto. Elevatissima (per standard americani) l’affluenza alle urne, che per la prima volta in un midterm supera quota 100 milioni e include il 49% degli elettori registrati. Stupefacente soprattutto in tempi di economia che ‘tira’ (da ben prima di Trump) e in cui le preoccupazioni maggiori dei votanti paiono essere l’Obamacare e l’immigrazione. La mobilitazione è bipartisan, ma a beneficiarne sono soprattutto i Democratici: furono loro a scontare la ‘stanchezza’ dell’elettorato nel 2016. Inoltre la ridefinizione dei collegi elettorali architettata dal Grand Old Party a suo favore – una tendenza sempre più marcata negli ultimi anni – rende necessari sempre più voti assoluti per strappare anche un minimo vantaggio: e infatti c’è voluto uno scarto del 9% per ottenere una maggioranza di seggi stimata al 5%. Un vantaggio costruito grazie al voto delle donne (il 59% democratico: un record), dei giovani (la cui partecipazione aumenta del 50%, con quasi due under 40 su tre pro-Dem), delle minoranze etniche e dei cittadini più istruiti (storicamente democratici, ma ora anche meno propensi all’astensionismo). Tale mobilitazione determina anche il tipo di candidato vincente, soprattutto alla Camera (che si rinnova completamente, mentre l’elezione al Senato interessa solo per un terzo delle poltrone). Persone come Alexandra Ocasio-Cortez, che sbanca il suo seggio a New York col 78% dopo aver battuto alle primarie un mammasantissima del ‘vecchio’ partito democratico. La sua è la classica storia da American Dream: estrazione operaia, giovane talento di una delle poche scuole pubbliche funzionanti a New York, orfana di padre, laureata con lode, barista nel Bronx per mantenersi fino a pochi mesi dalla candidatura. Poi Ilhan Omar (Minnesota) e Rashida Tlaib (Michigan), le prime musulmane a Capitol Hill. E ancora native americane come Sharice Davids (Kansas).
Via Jeff Sessions
Donald Trump ha subito minimizzato la sconfitta: “altro che onda blu democratica”. Ma intanto è apparso subito più conciliante rivolgendosi a Nancy Pelosi, probabile speaker della Camera: “Lavoriamo insieme, possiamo farlo, dal piano per le infrastrutture al rafforzamento delle frontiere”. Intanto, però, ha liquidato il ministro della Giustizia Jeff Sessions, che criticava da tempo per assersi astenuto dal difenderlo nelle indagini sul Russiagate. Al suo posto arriva ad interim il lealista Matthew Whitaker. Ché per l’impeachment è ancora prestino (vedi sotto), ma è sempre meglio coprirsi le spalle prima di prendere freddo.