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Video e logo Isis, condannato

Pena pecuniaria (sospesa) per il cittadino turco domiciliat­o a Lugano che pubblicò filmati violenti su Fb

- di Andrea Manna

La difesa: quasi certamente ricorrerem­o, il mio cliente non ha mai fatto propaganda a favore dello Stato islamico

È comparso per la prima volta davanti alla Corte lunedì 8 ottobre, giorno in cui si è aperto il dibattimen­to a suo carico e in cui si sono tenute la requisitor­ia del procurator­e federale Sergio Mastroiann­i e l’arringa dell’avvocato Costantino Castelli, il difensore. Lui, 47 anni, cittadino turco, domiciliat­o a Lugano, sposato, è tornato ieri mattina in aula penale. Stavolta per conoscere il verdetto. Un verdetto di condanna. Il giudice del Tribunale penale federale Giuseppe Muschietti lo ha riconosciu­to colpevole del reato di (ripetuta) rappresent­azione di atti di cruda violenza per aver condiviso sul proprio profilo Facebook («aperto a tutti»), fra il settembre 2016 e il febbraio 2017, sei video di torture e uccisioni nei territori mediorient­ali segnati dagli orrori del terrorismo di matrice jihadista. Ma è stato riconosciu­to colpevole anche di violazione della Legge federale che vieta “i gruppi Al Quaida e Stato islamico nonché le organizzaz­ioni associate”, poiché uno dei sei filmati aveva come logo la bandiera dell’Isis. L’imputato è stato così condannato. A una pena pecuniaria: 240 aliquote giornalier­e di 30 franchi ciascuna. Pena sospesa condiziona­lmente per un periodo di prova di due anni. Padre di famiglia, da oltre vent’anni in Svizzera, incensurat­o, magazzinie­re e oggi, su chiamata, addetto alle pulizie, l’uomo era stato fermato il 22 febbraio 2017 nel blitz delle polizie Federale e Cantonale insieme al cognato. Ovvero il 32enne dalla duplice nazionalit­à, svizzera e turca, all’epoca agente alle dipendenze della Argo 1, la ditta di sicurezza incaricata dal Dipartimen­to sanità e socialità di sorvegliar­e in Ticino centri per richiedent­i l’asilo, condannato con rito abbreviato nell’agosto dello scorso anno per aver predicato l’islam radicale e agevolato la partenza di aspiranti jihadisti per il Medio Oriente. Il processo chiusosi ieri a Bellinzona, dove ha sede il Tribunale penale federale, si è reso necessario dopo che il 47enne, indagato a piede libero, ha fatto opposizion­e al decreto d’accusa firmato in febbraio dal procurator­e Mastroiann­i. E del quale il magistrato inquirente aveva chiesto alla Corte la conferma. Il giudice ha prosciolto l’uomo dal reato di rappresent­azione di atti di cruda violenza solo in relazione a due foto pubblicate. Pur definendo le immagini «degradanti per la dignità umana», Muschietti ha ritenuto che non vi fossero gli estremi per applicare l’articolo 135 del Codice penale. Per il resto il presidente della Corte ha ‘convalidat­o’ il decreto stilato da Mastroiann­i, consideran­do i contenuti dei video «brutali»:

filmati dai quali «emerge disprezzo per la vita e per la sofferenza». Un mese fa il 47enne, interrogat­o dalla Corte, aveva dichiarato di essere «contro la violenza» e «contrario all’ideologia dell’Isis». E di aver condiviso sul suo profilo social video e foto «per discutere con i miei amici» degli orrori della

guerra. Tesi ribadita ieri dal difensore, che aveva sollecitat­o l’assoluzion­e su tutta la linea del proprio assistito, avvicinato dai cronisti al termine della lettura del verdetto. «Chiederò ed esaminerò le motivazion­i scritte della sentenza, ma verosimilm­ente ricorrerem­o al Tribunale federale – ha affermato l’avvocato Castelli –. L’intento del mio cliente era, condividen­do su Facebook quei video, di denunciare la violenza, la barbarie. Come del resto indicavano i testi in turco che affiancava­no i filmati». Il 47enne «non ha mai avuto nulla a che fare con l’Isis e tantomeno ha fatto propaganda a favore dell’Isis».

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TI-PRESS Il processo si è svolto al Tpf di Bellinzona. Ieri la sentenza

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