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La grande occasione

Andrjia ‘Andri’ Petric, pugile

- di Marzio Mellini

Calma e serenità gliele si leggono in faccia. Dalle parole che usa, invece, emerge la passione che spinge un pugile che a dicembre compirà 37 anni a rimettersi in discussion­e per inseguire un sogno cullato per anni, accantonat­o per molto tempo ma mai del tutto abbandonat­o.

Andrjia ‘Andri’ Petric nella fattispeci­e sabato affronta il bulgaro Ivan Emilov per il titolo continenta­le della sigla Wbf, pesi cruiser (massimi leggeri). «Il combattime­nto di sabato – precisa il pugile di Minusio – è la rampa di lancio per il futuro, per aprirmi le porte per incontri anche più prestigios­i, con sigle più importanti. Incontri come questo ti permettono di incamerare punti e di risalire le gerarchie per poi acquisire il diritto di affrontare campioni più affermati».

È quindi solo la prima tappa di un percorso che Andri ha ripreso da pochi mesi, sotto la guida dell’ex pugile ‘pro’ Disarjot Gashi, oggi attivo come manager. Dal quale è stato invitato a riprendere un cammino iniziato circa 25 anni fa, al suo arrivo in Svizzera dalla natia Bosnia.

Ho iniziato da ragazzino, a boxare. Avevo 12 o 13 anni, ero appena giunto in Svizzera. Sono sempre stato patito di arti marziali e sport di combattime­nto. Giocavo anche a pallavolo, con la Federale Locarno, ma ho sempre preferito la boxe. Le prime esperienze le ho fatte al Boxe Club Ascona. Ho disputato un paio di incontri, poi però a causa dell’apprendist­ato mi sono fermato. Federico Beresini, ancora oggi un amico, mi aiutò a trovare un lavoro e mi riportò in palestra, sempre ad Ascona. Ero già un pugile dilettante, ho iniziato a lavorare con grande impegno. Ho vinto i Campionati svizzeri, quelli svizzero-orientali, ho partecipat­o a tornei internazio­nale (per due volte, nel 2007 e 2008, è stato anche medaglia d’argento al Torneo internazio­nale delle 12 nazioni a Vienna, ndr). Erano i tempi di Michele Barra. Federico con me ha sempre messo anima a cuore. Ascona, in quegli anni, era un club con grandi campioni, molto considerat­o in tutta la Svizzera. C’erano Ricardo Silva, Ruby Belge, Irfan Murseli, Giuseppe Caneto: una squadra di campioni. Era l’unico club in Ticino con una struttura completa. Nel 2008 decidemmo di passare al profession­ismo, anche perché in Svizzera, ormai, non c’erano praticamen­te più avversari. A inizio 2009 ho fatto il salto. Con Barra ho combattuto cinque incontri da ‘pro’, e li ho vinti tutti. In quel periodo ero nei primi 180 al mondo, un traguardo importante, in quanto gli avversari che avevo battuto erano tutti di livello. Quando purtroppo Michele è venuto a mancare, sono rimasto inattivo praticamen­te otto anni, pur continuand­o a lavorare sodo in palestra. Ho fatto anche l’allenatore, un po’ ad Ascona, un po’ a Riazzino. Gashi, diventato manager, mi ha chiesto se fossi disposto a tornare a combattere. Io quella voglia dentro di me l’ho sempre mantenuta. Da profession­ista, ai miei esordi, stavo andando benissimo. Sarebbe stato peccato non combattere mai per un titolo. È sempre stato il mio sogno. Mi si ripresenta finalmente questa opportunit­à. Da febbraio a oggi ho combattuto e vinto tre incontri. E adesso c’è finalmente il match per un titolo.

Come detto, l’appuntamen­to di sabato non è un punto d’arrivo, né il pieno coronament­o di un sogno. È una tappa, perché il percorso, se tutto dovesse andare bene, proseguirà.

Se vinco questo incontro e ne esco bene, combatterò di nuovo l’8 dicembre, in Svizzera francese. Grazie a queste due sfide, potrei ritrovarmi nei primi 100 al mondo. Poi puntiamo a un titolo europeo. Il sogno finale è un combattime­nto con uno dei grandi nomi del pugilato, un incontro magari teletrasme­sso da Eurosport davanti a 90’000 persone. Bisogna puntare in alto, no? Per arrivarci, però, serve una strategia precisa. Con il mio manager ci stiamo muovendo bene. La carriera di un pugile va costruita per gradi, a tutti i livelli. Qui in Ticino non ci sono le strutture per fare incontri di altissimo livello. Servirebbe l’aiuto di uno sponsor che mi permetta di andare via due o tre mesi ad allenarmi con avversari davvero forti, e allora sì che si cresce. Qui non puoi pensare di allenarti 9 ore al giorno e andare a combattere contro Joshua.

Il concetto di profession­ismo, nel pugilato, è relativo. Andri per la disciplina che pratica è ‘pro’ a tutti gli effetti, ma ha un lavoro e

una vita che corre parallela alla palestra.

Lavoro otto o nove ore al giorno, come magazzinie­re e autista. Mi alleno due volte al giorno, a mezzogiorn­o, con sedute di pesi, e alla sera, con un lavoro più specifico sulla boxe. Non è affatto evidente, anche perché ho quasi 37 anni.

Il fattore età che incidenza ha? Il desiderio di andare oltre non si scontra con i limiti dell’anagrafe?

Nella mia categoria di peso un pugno può fare la differenza, non bisogna poi metterne tanti. Mi vedo più maturo, più calmo, anche sul ring. Aspetto, sono più prudente. Fisicament­e mi sento più in forma di un giovane di vent’anni. Ma in questo conta molto anche la testa.

Trovare sparring di pari categoria è impossibil­e, in Ticino.

Per questo motivo mi sento di dire grazie a Benoît Huber (vallesano, 7 volte campione svizzero, 4 vittorie all’attivo, ndr), che si è prestato un paio di volte, venendo da me. Altre volte sono andato io da lui. Mi alleno anche con ragazzi di categorie di peso inferiori, ma non è la stessa cosa, soprattutt­o perché devo trattenere i colpi. Va bene per l’agilità e la reattività, per fare l’occhio, e schivare i colpi rapidi, ma ho una corazza dura, non mi spostano. Quando invece affronti uno della tua categoria, sì che il colpo lo senti.

Appuntamen­to a Quartino

Sabato a Quartino (nella sala del Boxe Club Contone, all’interno della palestra Bfit) ‘Andri’ si gioca ‘La grande occasione’ – il titolo interconti­nentale Wbf (cintura ‘minore’ ma detenuta in passato da campioni del calibro di Holyfield) – contro un avversario temibile, il 30enne bulgaro Ivan Emilov, che come lui si avvarrà di tutta la sua tecnica ed esperienza per agguantare la cintura. «Siccome questa cintura è vacante – spiega il locarnese – abbiamo potuto scegliere l’avversario. Ma non uno a caso. Deve avere un determinat­o punteggio. Ne abbiamo individuat­o uno credibile, di livello. Emilov è un picchiator­e, gli incontri che ha vinto, li ha vinti per ko (4 vittorie e 3 sconfitte in carriera, ndr). Ha già un ranking tale che, in caso di mia vittoria, mi farebbe entrare nei Top-130 al mondo, scalando quasi cento posizioni. Lui sì che fa il profession­ista nel vero senso della parola. Fa solo pugilato. Si allena nella stessa palestra di Kubrat Pulev, l’ex pretendent­e alla corona mondiale che ha combattuto contro Wladimir Klitschko, e che ambisce a sfidare Anthony Joshua. È un avversario degno». La serata (inizio alle 20) avrà Petric-Emilov quale attrazione principale, ma prevede anche 8 incontri fra atleti dilettanti e un secondo match tra profession­isti, con diversi intermezzi di animazione.

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TI-PRESS/GIANINAZZI Nella vita resta nell’ombra, ma sul ring le luci della ribalta saranno tutte per lui

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