La catastrofe yemenita passa per Hudayda
Beirut/Riad – Un cessate il fuoco immediato nello Yemen è stato chiesto ieri da oltre trenta organizzazioni umanitarie internazionali che operano nel Paese. Il comunicato delle 34 Ong è stato diffuso mentre è in corso a Hudayda, porto yemenita sul Mar Rosso, una feroce battaglia strada per strada tra insorti Huthi, considerati vicini all’Iran, e forze yemenite lealiste sostenute dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, e ben armate dagli Stati Uniti. Hudayda è da mesi assediata dalla Coalizione a guida saudita e finora gli Huthi hanno respinto i vari attacchi. Nelle ultime ore, le forze lealiste si sono però fatte strada nelle periferie orientali e meridionali e puntano verso il centro cittadino. Anche Amnesty International ha avvertito dei pericoli a cui sono esposte le centinaia di migliaia di civili di Hudayda, in particolare i numerosissimi pazienti negli ospedali della città assediata. Testimoni oculari riferiscono infatti di cecchini e miliziani presenti sui tetti degli ospedali e di altre strutture civili, potenziali obiettivi di raid aerei e di spari di arma da fuoco. Secondo Save The Children, dalla ripresa dei raid aerei sauditi, lo scorso 4 novembre, sono almeno 150 le persone uccise a Hudayda, aggiungendo che i bombardamenti hanno colpito anche un ospedale. Dal porto sul Mar Rosso Onu passa l’80% degli aiuti umanitari. Ma anche gran parte dei rifornimenti militari esterni agli Huthi, affermano sauditi ed emiratini. Per l’Unicef, la regione di Hudayda conta il 40% dei 400mila bambini che nel Paese soffrono la fame e sono affetti da malnutrizione severa. Mentre la Fao ha più volte descritto la situazione come una “tragedia umana senza precedenti”. Sul piano diplomatico, l’amministrazione americana, che sostiene l’Arabia Saudita, ha rilanciato l’idea di una conferenza di pace mediata dall’Onu. I negoziati inter-yemeniti di Ginevra sono fermi da tempo. E l’offensiva di Riad e Abu Dhabi sembra aver per ora allontanato ogni prospettiva di soluzione.