laRegione

Il popolo sopra e contro tutto

- di Stefano Guerra

L’iniziativa popolare detta ‘Per l’autodeterm­inazione’ non prevede la disdetta automatica della Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Dice che in caso di “contraddiz­ione” con la Costituzio­ne, questo e altri trattati internazio­nali potranno “se necessario” essere denunciati. Saranno in ogni caso governo e parlamento, semmai il popolo a deciderlo. E anche se fra due settimane prevarrà il ‘sì’, è improbabil­e che un domani possa esserci in questo Paese una maggioranz­a favorevole a un simile passo. Persino i tenori dell’Udc, dopo aver cantato tutto e il contrario di tutto, ora frenano: Christoph Blocher dice ormai di non avere “nulla” contro la Cedu; e per il consiglier­e nazionale Hans-Ueli Vogt, ‘padre’ del testo, una denuncia da parte elvetica è esclusa. Quanto ai giudici, l’iniziativa non dà loro alcuna nuova, chiara consegna sul da farsi. Non si sa mai, però. Degli assegni in bianco, meglio diffidare. È legittimo dunque temerne le implicazio­ni per la tutela dei diritti umani, fossero solo quelle simboliche. E fa bene chi la combatte a usare immagini forti: il fondatore della Croce Rossa Henri Dunant, “tradito”; una sega che tritura i diritti umani; la Svizzera che “resiste” ai Trump, ai Putin, agli Erdogan che la fan da padrone. Nei panni di “Davide contro Golia”, democentri­sti e leghisti fanno gli scandalizz­ati. Ammiccano ai ‘moderati’, confidando che abbiano la memoria corta e non ricordino che i corvi, i topi, le pecore nere e i ladri (neri, naturalmen­te) di passaporti rossocroci­ati, affissi fino a ieri a ogni angolo di strada, sono farina dello stesso sacco. Udc e Lega hanno capito l’antifona. Sanno che un conto è criticare (non lo fanno sempre a torto) singole sentenze della Corte di Strasburgo, ma che tutt’altra storia è assumersi appieno la responsabi­lità di spianare la strada alla disdetta della Cedu o all’esclusione della Svizzera dal Consiglio d’Europa, a seguito di un ripetuto, mancato rispetto delle decisioni dei giudici ‘stranieri’. Meglio metterla su un altro piano, perciò. Si tratterebb­e allora, né più né meno, di “salvare” la democrazia diretta dall’“abuso di potere” commesso dalle “élite politiche liberali e socialiste che siedono a Berna”, che “dicono al popolo che può ancora votare, ma non l’ascoltano più” (Blocher). Certo, anche solo l’impression­e che il popolo voti e poi politici o giudici non ne rispettino la volontà, può alimentare il risentimen­to nei confronti delle istituzion­i e favorire l’astensione, nuocendo quindi alla democrazia diretta. Non è un aspetto di poco conto, tanto più se si pensa che meno della metà degli svizzeri vota e che sono sempre più numerosi gli ‘indigenti mediatici’ (quando informarsi è un presuppost­o del libero esercizio del diritto di voto). Ma fermiamoci qui. La questione ora va posta in altri termini. Piaccia o no all’Udc, il popolo che si vorrebbe sopra tutto, è quello che – in virtù della Costituzio­ne! – elegge il parlamento, che a sua volta elegge governo e giudici federali e che decide come attuare le iniziative. È il popolo che ha l’ultima parola sui principali trattati internazio­nali e può chiedere quando vuole di disdirli. Ed è sempre lo stesso, ‘infallibil­e’ popolo che non ha voluto saperne di accollarsi l’onere di eleggere il Consiglio federale (2013), né di essere obbligato a votare sui trattati internazio­nali (2012). Deificarlo, pur con un’iniziativa sì perniciosa ma astratta, dalle armi spuntate (difatti l’Udc ne ha già lanciata una assai più incisiva, per abolire la libera circolazio­ne), è misconosce­rne il ruolo: quello di organo costituzio­nale fra altri, che contribuis­ce “alla saggia cooperazio­ne” tra questi, affinché – come qualcuno ha rilevato – “il principio della maggioranz­a non si trasformi in dittatura della maggioranz­a”.

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