laRegione

Ubs non patteggia

Il Dipartimen­to di giustizia Usa ha avviato una causa civile

- Di Generoso Chiaradonn­a

La vicenda di mutui subprime non è ancora stata digerita. La banca è accusata di aver ingannato gli investitor­i.

A dieci anni dai fatti, da quando cioè il grande pubblico ha sentito parlare per la prima volta di ‘subprime’, quelle vicende che sembravano ormai passate alla storia ritornano di attualità. È il caso dell’avvio di una azione giudiziari­a civile negli Stati Uniti contro Ubs, accusata di aver ingannato gli investitor­i proponendo loro dei titoli garantiti da prestiti ipotecari rischiosi, detti appunto ‘subprime’. Ricordiamo che proprio Ubs, dieci anni fa, fu salvata dall’intervento combinato di Confederaz­ione e Banca nazionale svizzera perché il suo bilancio era appesantit­o dai cosiddetti titoli tossici (senza più un prezzo certo), tra cui anche quelli legati ai mutui subprime. Si può dire a posteriori – pur non conoscendo nei dettagli la questione giudiziari­a attuale – che Ubs dell’epoca subì, al pari di altri attori finanziari, gli effetti perversi dei titoli subprime seguiti alla crisi immobiliar­e. Fu colpa di manager spinti dall’avidità o da scarsa lucidità e lungimiran­za? Il risultato primo di quelle scelte e delle attività americane di Ubs fu quello di mettere a rischio l’esistenza stessa della prima banca svizzera. È probabile che si fosse sottovalut­ata la pericolosi­tà di maneggiare questi titoli finanziari.

In un comunicato il Dipartimen­to di giustizia statuniten­se (Doj) sostiene che Ubs con queste operazioni ha contribuit­o a innescare la crisi finanziari­a mondiale del 2008. Il procedimen­to è stato avviato dopo che la prima banca svizzera ha respinto una proposta di accordo extragiudi­ziale, che prevedeva il pagamento di una sanzione di circa due miliardi di dollari, secondo fonti vicine al dossier.

Il procurator­e Richard Donoghue ha dichiarato che gli investitor­i hanno subito “perdite catastrofi­che” perché la banca non ha rivelato tutti i rischi associati ai titoli ipotecari. Gli Stati Uniti accusano Ubs di aver praticato una cultura aziendale che si concentrav­a sui profitti piuttosto che sulla piena trasparenz­a nei confronti dei clienti. Da parte sua, Ubs si è rifiutata di com- mentare l’azione legale e le relative trattative. Il gruppo aveva annunciato già mercoledì sera che si aspettava l’avvio di un procedimen­to giudiziari­o, affermando che le accuse della giustizia americana non erano suffragate da fatti o dalla legge e che il gruppo le avrebbe contestate “energicame­nte” nell’interesse dei suoi azionisti. La denuncia presentata ieri menziona, tra l’altro, un dipendente di Ubs che nel 2006 si era lamentato con i suoi superiori dell’etica della banca, secondo cui “mentire è bene”. Negli ultimi anni, i tribunali americani hanno risolto controvers­ie simili con Citigroup, Deutsche Bank, JPMorgan Chase & Co, Credit Suisse, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Bank of America e Barclays. Ubs è l’ultima banca globale che ancora non è riuscita a liberarsi dalla scomoda eredità dei subprime. Ubs è all’origine di prestiti ipotecari residenzia­li americani (Rmbs) per un valore di 1,5 miliardi di dollari: cifre ufficiali non sono note, ma la banca – quando il mercato immobiliar­e è crollato – avrebbe subito perdite stimate a 45 miliardi di dollari, per un investimen­to di 100 miliardi su un mercato globale di 5mila miliardi. Questo fatto da solo contraddic­e la conclusion­e di una frode deliberata, sostiene la banca. Ubs dispone di accantonam­enti miliardari per controvers­ie legali (2,31 miliardi a fine settembre, ndr). Esperti ritengono che non siano sufficient­i per la vicenda legata agli Rmbs.

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KEYSTONE L’accordo extragiudi­ziale sarebbe costato due miliardi di dollari

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