Messinscena per la Libia
Aperta a Palermo la Conferenza voluta dall’Italia, nel disinteresse dei veri protagonisti della crisi
Le delegazioni di basso livello e la tattica ondivaga del generale Haftar confermano che non c’è molto da attendersi
Palermo – Prima ancora della sua apertura, il ministro italiano degli Esteri Enzo Moavero l’ha ridotta a una “conferenza di servizio”. Ma Giuseppe Conte doveva pur dare un tono alla Conferenza sulla Libia convocata ieri e oggi a Palermo, e le sue parole sono state adeguatamente enfatiche. Disertata dai principali attori internazionali, la conferenza (per organizzare la quale il presidente del Consiglio italiano aveva ricevuto il suo bel let’s go da Donald Trump in persona) tenterà di concordare una qualche dichiarazione finale piena di buone intenzioni. A fare felice Conte è persino arrivato a Palermo quel Khalifa Haftar che da Bengasi (benedetto da Russia e Egitto) boicotta sistematicamente ogni iniziativa che dia credito al governo tripolino di Fayez al Serraj. Una cosa breve, però. un incontro con il raggiante Conte e poi tanti saluti; lui alla cena inaugurale, presenti i “nemici” non è andato. E nemmo il primo ministro russo Medvedev (preferendovi una visita alla cattedrale della città), inviato come contentino al devoto esecutivo Salvini da Putin. Uno a zero per Emmanuel Macron, che nel maggio scorso era invece riuscito a far incontrare direttamente al Serraj e Haftar in un altro a sua volta inconcludente summit a Parigi. A riprova che non è di queste kermesse che si sente la mancanza. Non che ci sia da disperare. Conte, rivelando doti di preveggenza non trascurabili, ha sottolineato che in Libia “si è avviato un percorso di stabilizzazione” e che il summit di Palermo vuole essere un aiuto “per il popolo libico perché possa decidere in via democratica del proprio futuro”. Il nuovo piano di pace dell’Onu, aggiornato dopo il perdurare della violenza nel paese ed i suoi picchi in estate, è il canovaccio su cui si deve basare il confronto. Per tutto il giorno l’inviato Ghassam Salamè ha fatto spola tra tutte le fazioni libiche. Negli incontri bilaterali, Salamè ha spiegato come immagina la sua road map per il futuro del paese, basandosi sui tre pilastri delle riforme economiche, di un piano per la sicurezza di Tripoli e soprattutto di un percorso istituzionale che conduca ad un’assemblea nazionale all’inizio dell’anno ed elezioni parlamentari dopo qualche mese. Di sicurezza e riforme economiche si è discusso anche in alcuni tavoli tecnici. Oggi i lavori del summit entreranno nel vivo, con la sessione plenaria, poi Conte tirerà le somme. Ma già ieri sera assicurava che “sono stati conseguiti importanti e tangibili risultati”. Quello di farne scrivere, soprattutto.