I muri han ritrovato colore
‘Serviva una riverniciata’ dice Cereda lanciando il derby, dopo una settimana intensa. Mentre Fora deve star fermo tre settimane.
Ambrì – C’è così tanta umidità nell’aria, che si fatica anche solo a intuire cosa succede dietro ai plexiglass completamente appannati della Valascia, in quello che è l’ultimo allenamento prima del secondo derby stagionale e anche l’ultimo di una settimana di pausa che, in verità, per l’Ambrì di Cereda di pausa non lo è stata per niente. «Diciamo che serviva dare una riverniciata ai muri, prima del rush che ci porterà alla pausa di Natale – spiega il coach biancoblù –. Così abbiamo cominciato con due giornate intense sul piano fisico, seguite da altre due di scarico. Prima di riprendere a lavorare normalmente il venerdì e il sabato». Con, però, un effettivo numericamente diminuito dagli acciacchi, ma non solo. E mentre sul ghiaccio si rivedono Goi e Novotny, così come Elias Bianchi (il quale, però, al pari di Pinana, indossa la maglia rossa destinata ai giocatori che non possono subire contatti) arriva la prognosi per l’infortunio di Fora: tre settimane di stop per il problema agli adduttori, souvenir della Deutschland Cup. Mentre di Kubalik (reduce dall’impegno con la Cechia) e Hofer (Austria) non c’è neppure l’ombra. «Arriveranno entrambi domani mattina (oggi per chi legge, ndr) – continua Cereda –. Per il momento ho potuto parlare con loro soltanto al telefono, tuttavia entrambi hanno detto di sentirsi in forma. In ogni caso, prima di decidere quale formazione manderemo in pista stasera attenderemo sino all’ultimo momento, perché non vogliamo poi dover cambiare rotta in extremis perché questo o quel giocatore è confrontato con qualche virus autunnale. E se per una so-
cietà come l’Ambrì è una costante il dover arrangiarsi con ciò che si ha, stasera noi faremo altrettanto. Toccando ferro». Sul piano tattico, invece, pensando al Lugano Cereda di dubbi non può averne. «Le loro qualità le conosciamo, e non le scopro di certo io. Ma la ricetta, per noi, rimane la stessa: solidità in retrovia e tanta pressione, è quella la
soluzione. Se ripenso al primo derby, mi tornano in mente quelle due reti regalate in avvio che hanno condizionato la partita. E credo che sia difficilissimo rientrare in partita per qualsiasi avversario che a Lugano si trova sotto 2-0 dopo sei, sette minuti». Poi, naturalmente, ci sono le emozioni. «E nel caso del derby, più che motivare il mio compito è
quello di infondere serenità ai ragazzi. Naturalmente, lo scopo è trovare il giusto compromesso tra euforia e tranquillità: perché se sei troppo carico corri il rischio di bloccarti, mentre se sei eccessivamente disteso finisci con l’addormentarti...». C’è però anche il rischio di dover fare i conti con una certa routine. «Può diventare un problema in
questa fase, dopo che è un po’ scemata l’adrenalina dell’inizio della stagione. Bisogna tenere alta l’attenzione nel lavoro quotidiano, senza lasciarsi prendere dal pensiero che le vittorie, per così dire, possano arrivare da sole. Correndo così il rischio di lasciare che la barca si faccia trasportare dalla corrente, anziché continuare a remare».