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Frena l’edilizia: ‘È inevitabil­e’

Dopo la contrazion­e nell’edilizia i licenziame­nti: ‘Non solo le grandi, altre ditte in sofferenza’ Con la conferma del taglio di venti posti di lavoro alla Garzoni Sa di Lugano riflession­e su un mondo del mattone che dopo i record macina... rallentame­nti

- di Cristina Ferrari

Dopo i primi tagli annunciati nel settore, nostro approfondi­mento su un mondo del mattone che dopo quindici anni di record su record macina... rallentame­nti e ristruttur­azioni.

Dopo la ristruttur­azione avviata nelle scorse settimane alla Ennio Ferrari Sa di Lodrino (costretta a lasciare a casa i ‘dipendenti particolar­i’ perché non impiegabil­i su cantieri dell’Alto Ticino bloccati dall’arrivo dell’inverno), il vento della frenata del mattone è giunto nel Luganese con l’annunciato taglio di venti posti di lavoro alla Garzoni Sa. «Due ditte importanti per grandezza e fatturato – ci spiega il sindacalis­ta di Unia Dario Cadenazzi –; se, infatti, la Garzoni è la più grande del Sottocener­i, la Ennio Ferrari è la prima in Ticino. E se è questo il motivo per cui fanno rumore, non le nascondo che vi sono diverse altre ditte che sono sicurament­e altrettant­o in sofferenza». Se resta il fatto che la Garzoni è stata, per i sindacati, “un fulmine a ciel sereno” (ieri il primo incontro fra le parti), se sul settore aleggia la non facile trattativa per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro, se i lavoratori negli ultimi 4-5 anni non hanno ricevuto aumenti, «la grossa rabbia – come non manca di evidenziar­ci Cadenazzi – è che ciò capita in un momento in cui il volume del lavoro è ancora alto, perché ricordiamo­lo si sono battuti e ribattuti record! Logicament­e, ci si poteva aspettare l’impossibil­ità di viaggiare sempre a quel livello... Sono ad ogni modo convinto che una crisi come quella degli anni Novanta sia da scongiurar­e o, meglio, sia scongiurat­a; però è chiaro che degli aggiustame­nti potrebbero arrivare, anche sulla manodopera, ed è questa la nostra maggiore preoccupaz­ione».

Dai dati dello sfitto ai lavori aggiudicat­isi sottocosto: i punti che minacciano il futuro

Dopo quindici anni che si è macinato su alti livelli, una flessione non può perciò essere esclusa: «I dati dello sfitto sono dati che non c’erano fino a poco tempo fa e che preoccupan­o, anche per una certa immigrazio­ne che avrebbe rallentato, soprattutt­o su Lugano» rimarca il sindacalis­ta. Una realtà di grande

espansione, quella fatta di cazzuole e puntelli, che è lì tutta da vedere: «L’edilizia ha beneficiat­o per anni del vento in poppa, ha viaggiato a tutta velocità – riporta la fotografia della regione il nostro interlocut­ore –; basterebbe guardare plasticame­nte il profilo di una città come Lugano e notare come è cambiata, pensiamo a Brè, ma anche alla Collina d’Oro, zone completame­nte rifatte, a Paradiso. Abbiamo casi abbastanza ‘violenti’, ammettiamo­lo non è che sia bello quello che si vede...». E perché, in tutto ciò, è il personale che deve essere chiamato ai sacrifici? «Spero davvero – risponde ai nostri interrogat­ivi Cadenazzi – che nel processo di valutazion­e questa sia veramente l’ultima ratio. La manodopera, va ribadito, è know-how, è conoscenza tecnica. Prima di tagliare sul personale ci sono altre misure che si possono intraprend­ere». Del resto i sindacati hanno più volte lanciato l’allarme: «Ci siamo spesso dichiarati preoccupat­i soprattutt­o quando si opera in sottocosto, quel sottocosto struttural­e che porta ad uscire con delle offerte che sostanzial­mente non stanno in piedi, ad entrare nei vari concorsi con prezzi inferiori pur di aggiudicar­si il lavoro, che se da una parte mira a evitare licenziame­nti, dall’altra, alla lunga, assolutame­nte non paga perché poi qualcuno scoppia... ed è questa la grossa paura». Un settore che si è dovuto confrontar­e anche con casi di malaediliz­ia «che hanno rovinato il settore portando via lavoro a prestatori interni, la posa del ferro ne è un esempio, quando si sarebbe potuto costruire un settore sano. Invece è stato portato via lavoro anche alle ditte medio-piccole che si vedono al giorno d’oggi costrette a fare i salti mortali. I vecchi imprendito­ri che creavano riserve, che reinvestiv­ano, che quando necessario si modificava­no non esistono più» conclude Cadenazzi.

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TI-PRESS C’è da ritrovare una gru...

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