Migranti, flussi e riflussi
Dal 2016 riammissioni semplificate in calo. Nel 2018 una media di 14 al giorno
Le parole del ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini hanno fatto presto a prendere fuoco: l’Italia, ha fatto sapere, non è il campo profughi dell’Europa. Il nodo dei flussi migratori, si sa, è assai sensibile, soprattutto per il vicepremier. Questa volta a fare inalberare l’uomo forte della Lega sull’onda di un reportage di Skytg24 sono stati, in realtà, dei ri-flussi. O meglio i numeri delle riammissioni semplificate dalla Svizzera al confine sud. Da questa parte della frontiera la pressione non si sente. Sarà che le presenze, ormai esigue da mesi, al Centro temporaneo di Rancate contribuiscono ad allentare l’attenzione. Secondo il servizio dell’emittente e le testimonianze raccolte fra chi opera al fronte nell’assistenza agli stranieri Oltreconfine la situazione sarebbe ben diversa. Come dire che alla chetichella le autorità elvetiche ne respingerebbero parecchie di persone – si è parlato di un migliaio nell’ultima estate – e fra loro ci sarebbero donne con bambini e minori non accompagnati. Alla Polizia cantonale, anzi allo Stato maggiore cantonale immigrazione, che sovraintende alle riammissioni semplificate – la competenza qui, in effetti, è del Cantone visto che in questi casi i migranti non chiedono asilo –, reagisce a sua volta con le cifre. Che nella loro globalità, va detto, sono significative. Nel 2016 le riammissioni sono state 16’966, riflesso anche degli arrivi importanti a Chiasso. L’anno scorso, invece, si è registrata una flessione, sino a 12’513 casi, una media di 34 al giorno. Mentre, tornando al presente, nel 2018 sinora se ne sono contate 4’474 (dato al 18 novembre). Sullo sfondo, ci fanno presente dalla Polizia cantonale, ci sono, i ‘patti’ stretti tra i due Paesi. Ovvero l’‘Accordo tra la Confederazione svizzera e la Repubblica italiana sulla riammissione delle persone in situazione irregolare’ del 10 settembre 1998, data a cui fa riferimento pure l’‘Accordo tra la Confederazione svizzera e la Repubblica italiana relativo alla cooperazione tra le autorità di polizia e doganali’. Resiste, almeno al di là del valico, la convinzione che alcuni di questi migranti non provengano, come prima nazione, dall’Italia. Quanto ai respingimenti notturni? Qui, ci conferma la Polcantonale, la prassi vale fino alla chiusura degli uffici della Polizia di frontiera italiana. Nelle ore successive le persone vengono accompagnate a Rancate, per trascorrere la notte al coperto e al caldo. Passata la dogana, dopo lo smantellamento della struttura governativa a Como, a dare una risposta ci sta pensando la Caritas diocesana.
Pasture, Gobbi: ‘Nessun rimprovero’
Non sembra invece aver lasciato traccia, quanto a possibili conseguenze disciplinari, la serata del 25 settembre al Palapenz di Chiasso. Nei confronti degli agenti intervenuti, per taluni anche troppo muscolarmente, per arginare lo ‘scontro’ – non solo verbale –in cui è sfociato un incontro che si voleva informativo sul futuro Centro federale d’asilo a Pasture (fra Balerna e Novazzano), per ora, non saranno presi provvedimenti. «Non abbiamo nulla da rimproverare loro», ha ribadito ieri al parlamento il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi, rispondendo alle sollecitazioni del deputato Mps Matteo Pronzini, insoddisfatto peraltro dei chiarimenti ricevuti. Al momento, ha ribadito Gobbi, non sono emersi elementi che fanno dubitare del «corretto agire della Polizia cantonale». A surriscaldare gli animi erano state le ripetute incursioni di un gruppo di cittadini (per lo più appartenenti al Collettivo R-esistiamo), che aveva incalzato i relatori – tra cui due consiglieri di Stato, lo stesso Gobbi e Paolo Beltraminelli e responsabili della Segreteria di Stato della migrazione – sulle procedure adottate e le condizioni d’accoglienza e di vita dei migranti. «Un attivista – ha confermato sempre il direttore – ha segnalato quanto gli è accaduto alla magistratura. Se qualcuno si è sentito leso può fare altrettanto, affinché si giudichi sulla proporzionalità dell’azione». Se poi, in futuro, emergerà qualcosa di rilevante dal profilo penale o che interpella una possibile infrazione, ha fatto capire Gobbi, si ragionerà sulla necessità di adottare delle misure disciplinari.