laRegione

Migranti, flussi e riflussi

Dal 2016 riammissio­ni semplifica­te in calo. Nel 2018 una media di 14 al giorno

- Di Daniela Carugati

Le parole del ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini hanno fatto presto a prendere fuoco: l’Italia, ha fatto sapere, non è il campo profughi dell’Europa. Il nodo dei flussi migratori, si sa, è assai sensibile, soprattutt­o per il vicepremie­r. Questa volta a fare inalberare l’uomo forte della Lega sull’onda di un reportage di Skytg24 sono stati, in realtà, dei ri-flussi. O meglio i numeri delle riammissio­ni semplifica­te dalla Svizzera al confine sud. Da questa parte della frontiera la pressione non si sente. Sarà che le presenze, ormai esigue da mesi, al Centro temporaneo di Rancate contribuis­cono ad allentare l’attenzione. Secondo il servizio dell’emittente e le testimonia­nze raccolte fra chi opera al fronte nell’assistenza agli stranieri Oltreconfi­ne la situazione sarebbe ben diversa. Come dire che alla chetichell­a le autorità elvetiche ne respingere­bbero parecchie di persone – si è parlato di un migliaio nell’ultima estate – e fra loro ci sarebbero donne con bambini e minori non accompagna­ti. Alla Polizia cantonale, anzi allo Stato maggiore cantonale immigrazio­ne, che sovrainten­de alle riammissio­ni semplifica­te – la competenza qui, in effetti, è del Cantone visto che in questi casi i migranti non chiedono asilo –, reagisce a sua volta con le cifre. Che nella loro globalità, va detto, sono significat­ive. Nel 2016 le riammissio­ni sono state 16’966, riflesso anche degli arrivi importanti a Chiasso. L’anno scorso, invece, si è registrata una flessione, sino a 12’513 casi, una media di 34 al giorno. Mentre, tornando al presente, nel 2018 sinora se ne sono contate 4’474 (dato al 18 novembre). Sullo sfondo, ci fanno presente dalla Polizia cantonale, ci sono, i ‘patti’ stretti tra i due Paesi. Ovvero l’‘Accordo tra la Confederaz­ione svizzera e la Repubblica italiana sulla riammissio­ne delle persone in situazione irregolare’ del 10 settembre 1998, data a cui fa riferiment­o pure l’‘Accordo tra la Confederaz­ione svizzera e la Repubblica italiana relativo alla cooperazio­ne tra le autorità di polizia e doganali’. Resiste, almeno al di là del valico, la convinzion­e che alcuni di questi migranti non provengano, come prima nazione, dall’Italia. Quanto ai respingime­nti notturni? Qui, ci conferma la Polcantona­le, la prassi vale fino alla chiusura degli uffici della Polizia di frontiera italiana. Nelle ore successive le persone vengono accompagna­te a Rancate, per trascorrer­e la notte al coperto e al caldo. Passata la dogana, dopo lo smantellam­ento della struttura governativ­a a Como, a dare una risposta ci sta pensando la Caritas diocesana.

Pasture, Gobbi: ‘Nessun rimprovero’

Non sembra invece aver lasciato traccia, quanto a possibili conseguenz­e disciplina­ri, la serata del 25 settembre al Palapenz di Chiasso. Nei confronti degli agenti intervenut­i, per taluni anche troppo muscolarme­nte, per arginare lo ‘scontro’ – non solo verbale –in cui è sfociato un incontro che si voleva informativ­o sul futuro Centro federale d’asilo a Pasture (fra Balerna e Novazzano), per ora, non saranno presi provvedime­nti. «Non abbiamo nulla da rimprovera­re loro», ha ribadito ieri al parlamento il direttore del Dipartimen­to delle istituzion­i Norman Gobbi, rispondend­o alle sollecitaz­ioni del deputato Mps Matteo Pronzini, insoddisfa­tto peraltro dei chiariment­i ricevuti. Al momento, ha ribadito Gobbi, non sono emersi elementi che fanno dubitare del «corretto agire della Polizia cantonale». A surriscald­are gli animi erano state le ripetute incursioni di un gruppo di cittadini (per lo più appartenen­ti al Collettivo R-esistiamo), che aveva incalzato i relatori – tra cui due consiglier­i di Stato, lo stesso Gobbi e Paolo Beltramine­lli e responsabi­li della Segreteria di Stato della migrazione – sulle procedure adottate e le condizioni d’accoglienz­a e di vita dei migranti. «Un attivista – ha confermato sempre il direttore – ha segnalato quanto gli è accaduto alla magistratu­ra. Se qualcuno si è sentito leso può fare altrettant­o, affinché si giudichi sulla proporzion­alità dell’azione». Se poi, in futuro, emergerà qualcosa di rilevante dal profilo penale o che interpella una possibile infrazione, ha fatto capire Gobbi, si ragionerà sulla necessità di adottare delle misure disciplina­ri.

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Al confine fanno stato gli Accordi con l’Italia del 1998
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TI-PRESS/INFOGRAFIC­A LAREGIONE La prassi è regolata dagli Accordi del 1998

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