laRegione

Camera: alta. Quota donne: bassa

Il politologo Pascal Sciarini sulla tendenza all’estinzione delle ‘senatrici’

- Di Stefano Guerra

Presto una sola donna al Consiglio degli Stati? Lo scenario non è irrealisti­co. L’esperto vede il problema soprattutt­o a livello di selezione dei candidati.

Si mette male per le donne al Consiglio degli Stati. Solo una delle 7 ‘senatrici’ attuali si ripresente­rà il prossimo anno; e visto come sta andando la selezione dei candidati nei vari cantoni, non è affatto escluso che la turgoviese Brigitte KollerHäbe­rli (Ppd) dopo le elezioni dell’autunno 2019 si ritrovi unica donna tra i 46 membri della Camera alta. Ieri perfino i Servizi del Parlamento hanno messo in guardia: “[Nel 2015] il numero [di donne] è sceso al livello più basso dal 1991 e il rischio che scenda ancora alle elezioni del 2019 è grande” (cfr. sotto). Ne abbiamo parlato col politologo Pascal Sciarini, dell’Università di Ginevra.

Lei ha dichiarato a ‘Le Temps’ che “questa Camera è emblematic­a della mancanza di donne in politica”. In che senso?

Per essere eletti al Consiglio degli Stati bisogna essere conosciuti nel proprio cantone e avere un’esperienza politica. In genere, infatti, alla Camera dei Cantoni entrano politici che hanno già avuto un mandato in un governo cantonale o al Consiglio nazionale. L’asticella, dunque, è posta piuttosto in alto. E quando le esigenze sono così elevate, sono poche le donne che possono soddisfarl­e. E questo non certo perché sono meno competenti degli uomini.

Ma in che senso la Camera dei cantoni sarebbe ‘emblematic­a’?

Siccome, nel complesso, ci sono poche donne in politica – poche donne elette nei parlamenti (a livello comunale, cantonale e federale) e negli esecutivi (a livello comunale e cantonale) –, per forza di cose saranno poche le donne che possono aspirare ad essere elette al Consiglio degli Stati. Se a questo fattore ‘quantitati­vo’ aggiungiam­o il fatto che i partiti, in queste elezioni, vogliono sempre presentare anche dei candidati di spicco – uomini conosciuti, che hanno dato buona prova di sé –, allora si capisce che gli ostacoli per le donne aumentano. Con ‘emblematic­a’ intendo dire che la Camera dei cantoni, proprio perché pone delle esigenze supplement­ari a chi vi aspira, è l’organo politico che riflette nel modo più evidente la problemati­ca della mancanza di donne in politica e le loro difficoltà.

Nella maggior parte dei cantoni l’elezione del Consiglio degli Stati si fa col sistema maggiorita­rio. Anche questo conta, no?

Certo, è il sistema elettorale stesso che richiede personalit­à sufficient­emente conosciute, con una solida esperienza: personalit­à appunto in grado di convincere la maggioranz­a degli elettori. Per essere eletto al Consiglio nazionale, basta che il vostro partito faccia un buon risultato e che voi abbiate un buon posto sulla lista. Per essere eletto al Consiglio degli Stati tutto ciò non è sufficient­e: perché chi si candida deve andare a cercare voti al di fuori del tradiziona­le bacino elettorale del suo partito.

Undici nel 2003, un record; poi 10 quattro anni dopo, 9 nel 2011, 7 nel 2015; e il prossimo anno potrebbero essere ancora meno. Agli Stati le donne rischiano l’estinzione...

L’evoluzione sorprende, perché comunque dal 2003 è aumentato il numero di ‘senatrici’ socialiste. Era lecito attendersi che fossero le donne ad approfitta­re della progressio­ne del Ps e della stagnazion­e dell’Udc. Invece non è stato così.

La ‘colpa’ è del Plr: delle sei ‘senatrici’ liberali-radicali elette nel 2003, nel 2015 ne è rimasta soltanto una...

Bisognereb­be chiedere al segretaria­to del Plr svizzero, o meglio ai segretaria­ti delle sue sezioni cantonali, come spiegano questa diminuzion­e.

Il problema, dunque, va ricercato nei singoli partiti.

Nelle elezioni per il Consiglio degli Stati, la cosa direi più difficile è essere il candidato numero uno del tuo partito. Vista la carenza di papabili in grado di soddisfare le elevate esigenze di cui par- lavamo prima, se un partito fa di una donna la sua candidata di punta, questa avrà buone chance di aggiudicar­si il seggio. Il problema, perciò, non sono le elettrici e gli elettori, che sarebbero restii a eleggere una donna: il problema, ne sono certo, sta a monte, nella selezione dei candidati e nella posizione che viene loro attribuita sulle liste.

Il 5 dicembre con ogni probabilit­à due donne verranno elette in Consiglio federale, portando il loro numero nell’esecutivo a tre. A suo avviso questo potrà promuovere la causa della rappresent­anza femminile nelle istituzion­i e nel Consiglio degli Stati in particolar­e?

Non sottovalut­erei l’importanza di quest’elezione

complement­are. Le consiglier­e federali sono dei ‘modelli’ per le militanti dei rispettivi partiti e per la popolazion­e in generale. A medio termine, ciò può avere degli effetti benefici – soprattutt­o su partiti come il Plr e il Ppd – e condurre a un migliorame­nto della rappresent­anza delle donne, anche al Nazionale e agli Stati.

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