Gli ‘alleati’ messicani di Trump: migranti a casa
Città del Messico – Qui no. Anche ieri, alcune centinaia di abitanti di Tijuana hanno protestato contro l’arrivo dei primi tremila migranti della “carovana” diretta degli Stati Uniti. Un traguardo che forse non raggiungerà mai: di mezzo c’è il confine Messico-Usa, contro il quale è finita. E sul lato messicano, appunto, c’è Tijuana, oltre un milione e mezzo di abitanti. A sud di San Diego, ma decisamente a nord dei Paesi da cui provengono i migranti honduregni, guatemaltechi, nicaraguensi, salvadoregni. Sono tutti in fuga dalle violenze e da una povertà che nel solo Honduras interessa due persone su tre. I manifestanti sono scesi in strada sventolando le bandiere messicane, intonando l’inno nazionale e cantando “fuori, fuori”, di fronte alla statua di Cuauhtémoc, l’ultimo sovrano azteco, a un chilometro e mezzo dal confine americano. Accusano i migranti di essere disordinati, ingrati e pericolosi per la loro città, denunciano la loro “invasione” e si dicono preoccupati che dovranno pagare le tasse per mantenerli. Un’accoglienza che contrasta con quella ricevuta nel Messico meridionale, dove i residenti di piccole città aspettavano i migranti con cibo caldo, tende e anche con musica dal vivo. Anche il sindaco di Tijuana, Juan Manuel Gastelum, è preoccupato: “Non siamo attrezzati a gestire questi numeri, resteranno almeno sei mesi in attesa delle loro domande d’asilo”, ha detto, mentre le autorità locali convertono edifici pubblici in centri di accoglienza e il governo federale manda cibo e coperte. Dalla parte ricca del confine, Donald Trump ha fatto installare una barriera mobile. “Il sindaco di Tijuana ha appena dichiarato che la città è mal preparata a gestire così tanti migranti, l’arretrato potrebbe durare sei mesi”, ha twittato, mentre gli ispettori Usa al confine smaltiscono solo un centinaio di richieste d’asilo al giorno. “Allo stesso modo, gli Usa sono mal preparati per questa invasione e non la tollereranno. Stanno causando crimini e grandi problemi in Messico. Tornate a casa”. E c’è chi si offre per fare il lavoro.