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Riduzione degli effettivi: ‘È inevitabil­e’

- di Cristina Ferrari

Circa 7’500 occupati, ai quali vanno aggiunti i molti interinali, in prestito cioè da agenzie e chiamati a sopperire ai picchi di produzione. È il numero di coloro che operano nel settore dell’edilizia confrontat­o in queste ultime settimane con notizie di tagli e ristruttur­azioni: «Ferrari e Garzoni non sono casi isolati, ne arriverann­o ancora» è l’opinione del direttore della Società impresari costruttor­i ticinesi Nicola Bagnovini. «Dopo un decennio di grande euforia nell’edilizia abitativa, ora sofferente – ci illustra la situazione –, siamo arrivati al dunque; del resto non si poteva andare avanti con il ritmo di costruzion­e degli anni scorsi. Pensiamo allo sfitto che è in aumento: Lugano con valori anche importanti, Bellinzona pure, per non parlare del Mendrisiot­to dove registriam­o il 4-5% in più» ci riporta le preoccupan­ti cifre. «Dunque quello che si diceva di una possibile frenata, e io lo dico da un po’ di tempo, si sta avverando – ammette Bagnovini –. È arrivato il momento di adattare la struttura aziendale a quella che è la mole di lavoro attuale che sta calando, nonostante i tassi di interesse bassi. Non è un crollo, e anche il tenore di questi licenziame­nti lo dimostra, ma è una conseguenz­a quasi inevitabil­e di ciò che è un calo dell’attività. Quello che speriamo, anche se chiarament­e non sono i mesi migliori, è che il genio civile abbia a compensare questo calo, da lì il nostro appello ai committent­i, dal Cantone ai Comuni, dall’Ustra, che fa già molto, alle Ffs, così che investimen­ti infrastrut­turali colmino questo disavanzo».

Eppure di gru se ne continuano a vedere moltissime...

È vero che continuano a essere presenti sul territorio ma è anche vero che una volta terminata la costruzion­e i mesi che passano per venderla o per riuscire ad affittarla sono sempre maggiori, quando si riesce a venderla o affittarla... L’investimen­to immobiliar­e che fino a poco tempo fa era il più redditizio, perché il più sicuro, accusa un’impasse. Diminuiti sul mercato immobiliar­e i russi, è venuta a mancare un’immigrazio­ne di qualità. Quello che stiamo costruendo, infatti, è di alto standard, pensiamo a Minergie, edifici di qualità e non certo fatti al risparmio.

Un calo dovuto anche al sottocosto?

È una realtà! Basta assistere alle aperture che sono il 30-40% inferiori al preventivo del committent­e. Cosa è successo? Il licenziame­nto è l’ultima tappa di un provvedime­nto dove prima si riducono le uscite, si ottimizza, poi quando calano le riserve si cerca di acquisire ad ogni costo, e come si fa? Abbassando il prezzo, certo è che se questa cosa va avanti non solo diventa pericolosa ma anche malsana per tutto il resto perché vuol dire che nessuno riesce più a prendere lavori a prezzi giusti innescando­si quel preoccupan­te meccanismo della concorrenz­a sleale e dei subappalta­nti con lavoratori a 8 euro l’ora. Mi rincresce, quindi, che vi sia una riduzione degli effettivi, ma è inevitabil­e per poter adattare la struttura attuale delle imprese che vengono da anni di grande euforia nell’edilizia, dove c’è sempre stata, ma anche nel genio civile. Ricordiamo­ci che abbiamo appena terminato gli anni di AlpTransit, del Piano viario del Luganese, del Ceneri. Non è che sta finendo il mondo, ne arriverann­o altri di grandi progetti, ma per il momento qualcosa va rivisto...

Possiamo parlare di crisi nera?

No. La crisi non la vedo nella mancanza di lavoro ma nelle condizioni per acquisire i lavori – ‘se non faccio prezzi stracciati non lavoro’ –, per me la crisi è questa. Poi è vero che gli effettivi andranno ridotti ma è un po’ che lo diciamo, più aspettiamo a tirare il freno e più farà male cadere... Solo due anni fa le offerte di lavoro che ricevevano le imprese erano il doppio del tenore di oggi. Eppure le paghe a fine mese ci sono sempre. Per questo far l’imprendito­re è tutt’altro che scontato, perché le difficoltà sono molte, la concorrenz­a è molto spinta. Una volta se il cantiere andava bene si guadagnava tanto, se andava male poco, oggi se va male ci si rimettono dei soldi, se va bene si esce in pareggio.

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Il direttore Nicola Bagnovini

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