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‘Sarebbe un peccato fermarsi qui’

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La Champions League, rispetto al campionato, almeno alle nostre latitudini, viene vissuta in un modo forse un po’ più freddo sugli spalti. E in pista? «In pista è diverso – spiega Steve Hirschi –. Proprio per il fatto che non è una partita come le altre, gli stimoli non mancano. E meno ancora a questo stadio della competizio­ne. Lasciarsi alle spalle la fase a gironi ed entrare in quella a eliminazio­ne diretta, è come entrare in modalità playoff. Quella di Göteborg, in questo senso, visto l’esito della partita di andata (finita 1-1, ndr) è un po’ come la gara 7 di un playoff: chi la vince va avanti, mentre l’altra squadra si ferma. E fermarsi, in questo torneo, sarebbe un peccato: chissà quando ti ricapita un’altra occasione di misurarti in questo contesto...». Rimpiange quei momenti, Steve Hirschi? «A me, personalme­nte, queste partite piacevano parecchio. Ma il mio tempo è passato: ora tocca agli altri vivere questa particolar­e esperienza». Con il Lugano versione prima Champions League, Hirschi aveva giocato in Germania (a Mannheim), Finlandia (Tampere) e Cechia (Pilsen): come si vivono queste trasferte? «Non sono la solita routine. Ma, bene o male, anche gli spostament­i in aereo fanno parte della realtà di chi è nel giro delle varie Nazionali... Di bello c’è che queste trasferte, che durano più giorni, aiutano a rafforzare lo spirito di squadra. Indipenden­temente dal risultato, aiutano a cementare il gruppo. È come una sorta di ritiro di squadra. La Champions ti permette anche di staccare un po’ dal campionato, di respirare tutta un’altra aria per qualche giorno, cosa che non è male quando si gioca a ritmi così sostenuti». M.I.

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