Nello swimrun il Mondiale a metà per due ticinesi
Il traguardo, quasi un miraggio nell’alba svedese, si chiama Utö. È una delle innumerevoli isole dell’arcipelago di Stoccolma, che per Sabina Rapelli non è una qualsiasi. È il punto d’arrivo di una gara classificata nel 2012 tra le più dure di endurance al mondo, meta di un percorso iniziato mesi prima. «Un percorso lungo – racconta –: tante ore di preparazione, moltissime nuove conoscenze e parecchie emozioni». In questo giorno che sta per nascere, le condizioni sono perfette: temperature non troppo basse, cielo sereno, acqua fredda ma mare calmo. La sfida che attende lei e la compagna (si corre a coppie) ha numeri impressionanti: 75 chilometri “ö till ö” cioè “da isola a isola” in svedese. Da qui il nome della competizione, disputata per la prima volta nel 2006 e che ha in pratica dato via allo swimrun. Da Sandhamn si attraversano 24 isole, correndo in totale 65 km su un terreno tecnico e impegnativo, che in gara provocherà parecchie cadute, e nuotandone 10 in acque aperte. Al risveglio, sono le 3, ci sono «preoccupazione, adrenalina e ansia per ciò che ci aspetta. Una volta in partenza, però, siamo prontissime e non pensiamo ad altro che al traguardo». Considerata il Campionato mondiale di swimrun, è «una sfida con sé stessi, contro le proprie paure, fatica, dolori muscolari. Non basta un fisico allenato: occorre un mentale consistente e tanta forza di volontà da trasmettere a te e al compagno. Io di certo non ero pronta di testa; ma sono partita da sola verso qualcosa che molti consideravano una pazzia, poiché sapevo di potercela fare». Dopo quasi 11 ore di sforzo Sabina e Cassandra (conosciuta a Stoccolma solo due giorni prima, nella foto l’abbraccio al traguardo) chiudono al 13° posto in campo femminile e 91e assolute; ma par di capire che la classifica non sia la ricompensa più grande. «Non so spiegare cos’ho pensato negli ultimi metri, forse la mia mente s’è spenta. Descrivere le sensazioni è impossibile: è stato fantastico, un momento indimenticabile».