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Pronzini non rinuncia all’immunità

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«Togliere l’immunità parlamenta­re a un deputato d’opposizion­e, che ha già minore accesso ai dossier, significa volerlo zittire». Matteo Pronzini non rinuncerà allo scudo contro le denunce garantitog­li dalla legge. Né di sua spontanea volontà prima la decisione del Gran Consiglio, né dopo. Ammesso che il legislativ­o non gliela tolga il prossimo gennaio. Alla base di tutto vi è la denuncia penale inoltrata a fine luglio contro il deputato Mps dal direttore dell’Associazio­ne bellinzone­se per l’assistenza e cura a domicilio (Abad), Roberto Mora. Denuncia per calunnia e diffamazio­ne a seguito di due interrogaz­ioni. Il 12 ottobre il procurator­e generale Andrea Pagani ha quindi chiesto formalment­e al Gran Consiglio se intende togliere al deputato lo ‘scudo’. Un punto su cui ieri l’interessat­o è stato ascoltato per una decina di minuti dall’Ufficio presidenzi­ale del parlamento (Up). Incontro dove il deputato ha, appunto, chiarito di non voler rinunciare alla protezione. «C’è abbastanza materiale sulla questione Abad affinché si possa sviluppare un dibattito politico», rileva, facendo intendere che senza l’immunità, ciò non sarebbe possibile. Ma, aggiunge, «la mia è anche una questione di principio: vediamo se il parlamento sarà conseguent­e alla sua stessa decisione di non abolire l’istituto dell’immunità». Il riferiment­o è alla bocciatura, nel febbraio 2017, dell’iniziativa di Matteo Quadranti (Plr) in questo senso. Proposta su cui Pronzini era favorevole. L’Up si confronter­à sulla questione a inizio dicembre. Il dibattito è previsto nella prima sessione del 2018. Il voto sarà a scrutinio segreto e servirà la maggioranz­a assoluta per togliere a Pronzini l’immunità. L.B.

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