laRegione

Verso una formazione solo a tempo pieno? Il coraggio di frenare

- Di Paolo Ortelli, direttore Cfp Ssic-Ti

La formazione profession­ale ha riscontrat­o uno sviluppo considerev­ole. Gli sforzi a livello federale e cantonale hanno visto un grande sviluppo di offerte formative e una costante e progressiv­a profession­alizzazion­e delle istituzion­i formative. Un grandissim­o impegno dettato anche dalla evidente constatazi­one di come, di norma, un livello più elevato di formazione tenda a corrispond­ere a un minor rischio di precarizza­zione lavorativa nel tempo. Tutto bene allora? Sì, se si considera esclusivam­ente il quadro generale di offerte e opzioni praticabil­i, forse un po’ meno se si entra, e le condizioni generali ed economiche ci stanno costringen­do a farlo, in un’ottica di analisi dell’efficacia, delle risorse impiegate e dei frutti a livello aziendale. In questi ultimi anni si è assistito al tentativo di far quadrare un cerchio di logiche e convinzion­i che da comuni e fondanti si stanno rilevando vieppiù fragili. Una contraddiz­ione che vede il sostegno idealizzat­o, talvolta di propaganda, del modello duale di formazione. Un sistema che però, di fatto da tempo, sta subendo un progressiv­o indebolime­nto grazie alla spinta sempre più marcata verso una formazione di base “duale” che vede il moltiplica­rsi di opzioni scolastich­e e curricoli a tempo pieno. Una tendenza frutto della crescente difficoltà nel conciliare esigenze produttive con esigenze formative e che sta prefiguran­do un mutamento della formazione profession­ale mettendo a rischio l’equilibrio naturale generato dai patti formativi tra azienda e giovani in formazione. Tra realtà produttive e società civile. La formazione profession­ale in Svizzera è fondata su di una solida solidariet­à fra azienda e stato. Oggi in modo un po’ provocator­io nella speranza di essere smentito, sembra intraveder­si all’orizzonte un progressiv­o distacco dal primato aziendale nei processi di crescita e sviluppo delle maestranze a favore di una scolarizza­zione a tempo pieno diffusa. Una tendenza questa che, per quanto apparentem­ente positiva, deve essere osservata con profonda attenzione. Infatti, a medio-lungo termine, esiste un rischio evidente di impoverire la capacità del nostro tessuto produttivo nello sviluppare e perseguire costanteme­nte la crescita di una Cultura aziendale della formazione. Aspetto che già ci vede un pochino in ritardo rispetto ad altre realtà regionali svizzere. Un rischio da non sottovalut­are per le Associazio­ne profession­ali impegnate sul campo, in cui lo scarico e la minore indiretta attenzione alla capacità formativa delle aziende del sistema formativo, potrebbe rilevarsi un boccone avvelenato per gli equilibri futuri tra lavoro e formazione, tra “know-how” aziendale e qualità produttiva e, in ultima istanza, tra aziende e solidariet­à sociale delle stesse. In conclusion­e la mia convinzion­e personale è che oggi il miglior investimen­to che si possa fare per la creazione di opportunit­à di formazione, non stia tanto nel moltiplica­re le offerte formative o nel delegare le stesse a percorsi formativi di base a tempo pieno, ma vada ricercato nel consolidam­ento del valore e del ruolo formativo delle aziende attraverso un maggiore sostegno diretto al loro determinan­te compito di formazione.

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