Infrazioni pericolose
La Commissione europea raccomanda la procedura contro l’Italia per debito eccessivo Secondo Bruxelles la manovra non stimola la crescita e minaccia la stabilità di lungo periodo. Ma le sanzioni sono ancora lontane.
Alla fine il cartellino giallo è arrivato. La Commissione europea ha raccomandato l’apertura di una procedura d’infrazione per debito eccessivo contro l’Italia. Non perché tale debito sia esorbitante – questo si sapeva da anni, e non si può imputare al governo appena arrivato – ma perché la manovra economica proposta non fornirebbe sufficienti garanzie per la sua progressiva riduzione. La Commissione chiedeva infatti di portare il rapporto debito/Pil dall’attuale 131% al 120% entro il 2021, come concordato nel Fiscal compact che tutela la stabilità dell’area euro. Un obiettivo ben lontano dal 126% prospettato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, che si affida peraltro a stime di rilancio troppo ottimistiche per la Commissione (vedi infografica). Ora la palla passa dall’esecutivo europeo al Consiglio dell’Ue. I rappresentanti dei governi dei 28 Stati membri dovranno chinarsi entro qualche settimana sul “rischio di deviazione significativa dal percorso di aggiustamento” che nemmeno le recenti modifiche della manovra paiono scongiurare. La critica fondamentale resta la solita: non è tanto l’ammontare della spesa pianificata a sconcertare, quanto piuttosto il fatto che per a crescere ci si affidi a sussidi di disoccupazione, controriforma delle pensioni e sgravi fiscali. Una strategia giudicata insostenibile e nemica delle precedenti riforme. Vox clamantis in deserto: il governo italiano – ma a onor del vero anche alcuni osservatori terzi – contesta il diritto della Commissione di entrare nel merito delle scelte di un Paese sovrano. Salvo sorprese, il Consiglio imporrà al governo Conte un periodo fra i tre e i sei mesi per metterci una pezza. Questo non significa ancora che Roma dovrà fronteggiare sanzioni economiche: procedure di infrazione sono state avviate in passato per quasi tutte le nazioni europee, ma non si è mai arrivati fino alle ‘multe’ (prelievi dallo 0,2 allo 0,5% del Pil e sospensione parziale o totale dei fondi strutturali). Intanto però l’Italia rischia di scontare già la proverbiale ‘sfiducia dei mercati’, ovvero la riluttanza da parte di investitori e risparmiatori a mettere soldi in un Paese giudicato a rischio di insolvenza. Risultato prevedibile: un ‘premio al rischio’, cioè tassi di interesse più alti che peggioreranno ulteriormente il volume del debito. Una prospettiva incombente nonostante la relativa calma di ieri sui mercati, dato che lo spread è passato sì da 336 a 309 punti base, ma dopo un martedì di paralizzanti ansie anticipatorie. Poi resta da capire se la Commissione sceglierà la strada di una negoziazione più clemente oppure cercherà le sanzio-
ni per far vedere a tutti, soprattutto agli stati nordici, che ‘non scherza’. Il dialogo fra Bruxelles e Roma, finora, non è certo stato costruttivo; e anche le reazioni di ieri hanno ripetuto il consueto copione, fra gli “andiamo avanti” del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e le spavalderie del vicepremier Matteo Salvini sulla lettera “di Babbo Natale” da Bruxelles. Il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis ha ribattuto parlando di Paese “sonnambulo”. Ma all’orizzonte ci sono le elezioni europee di maggio: un eccessivo rigore rischia di avvantaggiare i sovranisti nella loro campagna contro l’Europa brutta e cattiva, mentre i gialloverdi rischiano di collassare sotto il peso del debito. Chissà che non si parlino.