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‘Mi prefiggevo un obiettivo e facevo di tutto per provare a raggiunger­lo’

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Un muro. Rimasto in piedi, a difesa della porta del Berna, dal 1987 al 2001. È il 20 marzo 2001, contro il Lugano (in gara 6 delle semifinali, con rigore decisivo segnato da Jean-Jacques Aeschliman­n) che cala il sipario sulla lunga carriera di Renato Tosio, dopo 726 partite nel massimo campionato, che diventano 870 se si sommano quelle giocate in quello cadetto (con il Coira, unica altra squadra nella quale ha militato oltre al Berna e con cui ha esordito in Lna nella stagione 1984/85. Lunga anche la sua carriera in rossocroci­ato, con 183 convocazio­ni (145 le partite da titolare). Chiusa la carriera agonistica, Renato Tosio è comunque rimasto legato al mondo dell’hockey, che lo vede dal 2016 attivo quale assistente allenatore degli Juniores del Coira. Nel suo palmarès personale, oltre ai quattro titoli svizzeri, trovano spazio 4 trofei Jacques Plante, premio riservato al miglior portiere del campionato. Premi costruiti a suon di shutout. Addirittur­a cinque quelli che aveva colleziona­to nella sola stagione 1991/92 (quando ancora a comporre il massimo campionato erano 10 squadre e la regular season si giocava su 10 squadre). Un altro singolare primato tutto suo è quello delle 732 partite di Lna giocate da titolare senza nemmeno saltarne una tra il 23 febbraio 1985 e il 20 marzo 2001. «Ho sempre cercato di essere al meglio della forma personale. Ero un portiere ambizioso: mi prefiggevo un obiettivo e facevo di tutto per cercare di raggiunger­lo. Cercavo di fare sempre un passo in più, di migliorare. Per questo mi allenavo con impegno e attenzione, ed è uno dei motivi per i quali in carriera non ho mai sofferto di infortuni seri». Cinque i Mondiali disputati nel Gruppo A, altrettant­i nel Gruppo B e due Olimpiadi (Calgary 1988 e Lillehamme­r 1992). Si parla, a Coira, della situazione del Davos? «Ovviamente. Da come la vedo io è molto delicata. Le qualità alla squadra non mancano: ora come ora è più un blocco mentale che altro. È una crisi generale, ma che tocca un po’ tutti anche individual­mente. In uno sport individual­e, se uno cambia, cambia anche il risultato. Ma nel caso del Davos, sono venti individual­ità e più che devono fare quel ‘clic’. È un problema di non facile e nemmeno immediata soluzione». Qual è l’auspicio di Tosio per il futuro? «Per me personalme­nte, quello di restare in salute e in forma il più a lungo possibile. Per l’hockey svizzero, beh, che possa sviluppars­i ulteriorme­nte e tenere il passo con le migliori nazioni. È vero, abbiamo vinto l’argento agli ultimi Mondiali, ma non possiamo adagiarci sugli allori». M.I.

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