laRegione

Autodeterm­inazione e giudici stranieri

- Di Virginio Pedroni, filosofo

L’iniziativa dell’Udc in votazione domenica prossima punta, come e più che in occasioni analoghe (…)

Segue dalla Prima (…) su un forte aspetto declamator­io: “autodeterm­inazione” e “giudici stranieri” sono espression­i di sicuro effetto, che mirano a ingenerare l’idea che la posta in palio sia addirittur­a la difesa della libertà politica degli svizzeri, minacciata da un soverchian­te potere sovranazio­nale. Se la portata giuridica dell’iniziativa non è del tutto chiara, lo è, invece, quella politica: alimentare un clima di contrappos­izione fra “noi” e “gli altri”.

Fare accordi non è rinunciare

alla propria sovranità

1. Cominciamo consideran­do la questione dell’autodeterm­inazione. Dai promotori dell’iniziativa il diritto internazio­nale viene rappresent­ato come un’indebita ingerenza nella sfera di esercizio dell’autonomia nazionale. Ci si dimentica che le norme di tale diritto valgono solo sulla base di trattati di vario tipo liberament­e sottoscrit­ti dal nostro paese, per ragioni di interesse o di principio (perché ritenuti vantaggios­i o giusti). Fare accordi non è rinunciare alla propria sovranità, ma esercitarl­a. I contrasti fra diritto interno e diritto internazio­nale non sono, dunque, contrasti fra “noi” e “gli altri”, ma fra “noi” e “noi”, nella misura in cui firmiamo un accordo e poi adottiamo una legge che lo contraddic­e. Come criterio rigido per risolvere questi eventuali contrasti normativi, l’iniziativa propone il primato del diritto interno, in particolar­e costituzio­nale, su quello internazio­nale. Il solenne riferiment­o alla costituzio­ne non significa affatto, per l’Udc, ribadire il ruolo centrale dei principi fondanti la nostra carta fondamenta­le, bensì affermare il primato assoluto degli esiti delle iniziative popolari che modificano la stessa (vedi gli articoli relativi alla proibizion­e dei minareti, all’espulsione dei criminali stranieri, ai limiti posti all’immigrazio­ne). La costituzio­ne, invece di svolgere la funzione di regolazion­e dei diversi poteri, compreso quello del popolo, diviene nell’ottica dell’Udc il grimaldell­o, attraverso le iniziative popolari, per scardinare ogni vincolo interno o internazio­nale (che è ancora una volta interno). In questa prospettiv­a conterebbe solo l’ultima norma che il popolo approva, anche se si rivelasse in contrasto con sue decisioni precedenti, con altre norme della costituzio­ne o con gli impegni internazio­nali liberament­e assunti dal nostro paese. Ciò stravolger­ebbe le basi di ogni moderna democrazia costituzio­nale e renderebbe il nostro paese inaffidabi­le sul piano internazio­nale.

Limitare l’autonomia dei giudici… svizzeri

2. Accanto alla questione dell’“autodeterm­inazione” vi è quella dei “giudici stranieri”, entità fantomatic­a che evoca i balivi asburgici combattuti dai Waldstätte­n, che oggi si identifich­erebbero con le varie autorità sovranazio­nali, in primo luogo europee. Diradata un po’ la nebbia prodotta dalla propaganda, si capisce che gli unici giudici in questione sono quelli della Corte europea di Strasburgo, istituita dalla Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo (Cedu). A proposito di “giudici”, va in primo luogo sottolinea­to che l’iniziativa, come detto in precedenza, vuole soprattutt­o limitare l’autonomia dei giudici svizzeri, a cominciare da quelli del Tribunale Federale, riguardo all’interpreta­zione nei singoli casi del rapporto fra diritto interno e diritto internazio­nale. Per quanto riguarda i giudici della Corte europea, effettivam­ente fra le poche conseguenz­e chiare dell’adozione del testo in votazione vi è quella di togliere ai cittadini svizzeri la possibilit­à di far valere in modo efficace i loro diritti a Strasburgo, perché l’applicazio­ne delle sentenze della Corte potrebbe essere in contrasto col primato del diritto interno, considerat­o anche che l’adesione svizzera alla Cedu nel 1974 non è stata direttamen­te ratificata dal popolo. Insomma, alla fine chi perderà qualcosa sarà il cittadino del nostro paese. In passato anche cittadini svizzeri hanno potuto valersi della giurisdizi­one della Corte. Cedu e Corte rappresent­ano, inoltre, un importante riferiment­o ideale. A tal proposito è illuminant­e la vicenda relativa alla concession­e dei diritti politici alle donne. La negazione di questo diritto fondamenta­le è stata la principale ragione della ritardata adesione della Svizzera alla Convenzion­e europea e il richiamo a tale Carta dei diritti un argomento importante nella lunga battaglia per il voto femminile. È dunque chiaro che l’iniziativa contrappon­e la sovranità popolare alla difesa dei diritti individual­i, chiedendo di fare una rinuncia riguardo ai secondi nella falsa convinzion­e che ciò rafforzi la prima. Ragionare in questo modo significa misconosce­re la natura della democrazia: senza un’ampia garanzia dei diritti individual­i non vi è esercizio effettivo della sovranità popolare, perché viene a mancare il popolo, cioè un corpo politico costituito da persone libere e uguali. Una democrazia illiberale, oggi perseguita da molte forze della destra in Europa e negli Stati Uniti di Trump, non è una vera democrazia. Respingere l’iniziativa Udc è fondamenta­le per evitare che anche da noi questa deriva si rafforzi.

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