Da Ligornetto a Mendrisio, una lunga strada
Di strada Casa Astra ne ha fatta, e tanta, in questi anni. Dall’appartamentino di Ligornetto – gli inizi risalgono al 2004 – allo stabile di Mendrisio, passo dopo passo, si è guadagnata una sorta di emancipazione. Un riscatto che ha portato al riconoscimento sociale di un luogo che mette il Ticino (e i ticinesi) faccia a faccia con le forme diverse della povertà. Chi passa da via Rinaldi, infatti, non può far finta di niente. Anche perché la precarietà è una condizione che negli anni ha portato a bussare al centro di accoglienza un numero crescente di persone del posto, svizzeri e residenti. Non a caso la struttura è diventata un punto di riferimento pure per enti pubblici (Cantone e Comuni) e istituzioni (sanitarie ad esempio). Una realtà che ai primi tempi non era affatto scontata: per chi ne ha memoria, alla palazzina di Ligornetto passavano più spesso gli agenti di Polizia che i servizi. Ma gli anni passano e anche situazioni e rapporti (con il territorio) cambiano e maturano. Fino ad affrancarsi persino dai pregiudizi. Certo al Movimento dei Senza Voce (forse) non se lo sarebbero mai aspettato, 14 anni orsono, che un giorno uno studente al terzo anno della Supsi avrebbe dedicato la propria tesi all’esperienza di Casa Astra. Invece, succederà. E questo, annota a bassa voce il direttore Donato Di Blasi, rappresenta «un riconoscimento effettivo». Resiste, invece, la fatica di far tornare i conti a fine anno, sempre «sul filo di lana». Ora, fa sapere il direttore, si sta per stipulare una nuova convenzione con il Cantone, che restituirà contributi «un po’ più alti» a favore degli ospiti che ne hanno diritto. Il vero balzo in avanti, la vera autonomia sarebbe, però rappresentata da un altro passo, sul piano legislativo. «Serve – esplicita Di Blasi – una legge specifica per i centri di accoglienza, come esiste in altri cantoni e che fa dormire sonni più tranquilli a chi li gestisce». Non si chiede molto di più: solo un appoggio, anche contenuto, ma ricorrente per far fronte alle necessità quotidiane. Per il momento, quindi, ci si arrangia e si fa ricorso spesso e volentieri al ‘fai da te’ e ai frutti dell’orto che permettono di essere, almeno in parte, autosufficienti.