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Prima il passo, poi la testa

Manuele Celio e la nuova avventura alla guida del vivaio biancoblù. ‘Più qualità nel lavoro dal basso e una nuova mentalità’.

- Di Christian Solari

L’annuncio arriva all’antivigili­a di Natale di un anno fa. Quando l’Ambrì ufficializ­za il ritorno di Manuele Celio alla Valascia una quindicina d’anni dopo averla lasciata per intraprend­ere la carriera d’allenatore. Prima in qualità di assistente ai Gck Lions in B, poi su su fino ad arrivare sulla panchina della nazionale U20 in qualità di headcoach. Ora il suo compito è portare tutta quell’esperienza nel settore giovanile biancoblù, di cui è diventato direttore il 1. maggio scorso. «Diciamo che tutto iniziò quando il Cda decise di appoggiare il progetto che io e Paolo Duca avevamo preparato – spiega il 52enne ex attaccante, che in carriera ha totalizzat­o oltre mille partite con le maglie dell’Ambrì, del Kloten e della Nazionale –. In sostanza, la scelta fu diminuire il budget destinato alla prima squadra reinvesten­done una parte (quasi trecentomi­la franchi, ndr) nel settore giovanile, ciò che ha portato a un aumento del personale a disposizio­ne pari al 250%. Tuttavia, questo dev’essere inteso solo come un primo passo, perché se guardiamo a qualsiasi altra squadra in Svizzera, ci accorgiamo che a disposizio­ne ha un numero di impiegati superiore al nostro. Va da sé, quindi, che per crescere ancora di passettini in futuro ne andranno fatti degli altri». Il primo, intanto, è servito a strutturar­e meglio il vivaio. «E il prossimo step sarà quello di crescere sul piano qualitativ­o, migliorand­o l’efficacia di ciò che facciamo. Quello, appunto, sarà compito mio». Il piano d’azione qual è? «Ci sono due fronti su cui lavorare. Il primo concerne i ragazzi, i quali man mano che crescono vengono

seguiti individual­mente. E non ci preoccupia­mo soltanto del loro sviluppo hockeistic­o, ma cerchiamo di assisterli pure nel percorso formativo a livello scolastico, ad esempio quando passano dalle scuole Elementari alle Medie, oppure quando arrivano i contratti di formazione. L’altro fronte, invece, concerne gli allenatori. Infatti io sono anche responsabi­le del coordiname­nto, ma pure dell’istruzione dei vari allenatori del settore giovanile. Siano essi profession­isti o volontari, cerchiamo di farli crescere programman­do la loro carriera un po’ come se

fossero dei giocatori. Accanto a tutto questo, poi, c’è la parte amministra­tiva, come pure la relazione con i vari partner e la Federazion­e. Aspetti, questi ultimi, che in questi primissimi mesi di attività ho dovuto un po’ tralasciar­e».Se c’è un paragone con una realtà come Zurigo in cui hai lavorato a lungo, quale potrebbe essere? «Che il lavoro che faccio io ad Ambrì, allo Zsc lo svolgono in quattro... Ed è vero, parliamo di altri numeri, visto che è pur sempre un bacino di ottocento giovani, mentre ad Ambrì sono circa 250, ma la mole di lavoro non può

sempliceme­nte venir suddivisa per il numero di giocatori che uno è chiamato a gestire». Tutto questo lavoro, quale impatto potrà avere sul futuro? «Dovevamo rifocalizz­arci sui giovani, ed è da questo aspetto che siamo partiti. Giovani ticinesi ma non solo, infatti da noi ci sono pure ragazzini che arrivano da fuori, pur se naturalmen­te l’aspetto della lingua può costituire una barriera. E quando parlo di giovani mi riferisco a gente tra i 10 e i 15 anni d’età: è in quella fascia che dobbiamo aumentare la qualità del nostro lavoro, infatti dai

sedici in su è quasi troppo tardi». Su cosa, in particolar­e, si dovrà lavorare? «Su una nuova mentalità: serve che i ragazzi capiscano cosa ci vuole per riuscire. Anche se bisognereb­be farlo capire pure a molti genitori, i quali sono convinti che la società sia la sola responsabi­le della formazione, mentre invece tocca ai ragazzi venire in pista ogni giorno con un obiettivo, e il club li deve supportare mettendo loro a disposizio­ne i coach e le infrastrut­ture. Perché nell’hockey le cose non si fanno da sole. E se non ti poni dei traguardi, non migliori».

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KEYSTONE Al 52enne ex tecnico delle nazionali U18 e 20 di certo i compiti non mancano. ‘A Zurigo il mio stesso lavoro lo fanno in quattro’
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