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Il popolo contro l’Udc

La Costituzio­ne non deve prevalere sempre e per forza sul diritto internazio­nale in caso di conflitto. Lo hanno stabilito quasi sette votanti su dieci, respingend­o l’iniziativa dell’Udc detta ‘per l’autodeterm­inazione’. Il partito di Albert Rösti non è ri

- Di Stefano Guerra

Lo si è intuito a urne ancora aperte che l’Udc con la sua iniziativa per l’autodeterm­inazione andava incontro a una batosta. Poco dopo le 11, i primi risultati parziali di una decina di piccoli comuni della campagna argoviese indicavano che il ‘no’ stava prevalendo; alle 11.20, il consiglier­e nazionale sangallese dell’Udc Lukas Reimann twittava il risultato del comune di Zuzwil, nel suo cantone, “che di regola vota come la Svizzera”: 729 sì, 1’055 no; qualche minuto più tardi, i parziali dal Canton Zurigo confermava­no i primissimi dati; e anche se la prima proiezione dell’istituto gfs.bern per conto della Ssr (67% di no) si è fatta attendere fino alle 13 – mezz’ora dopo quelle sulla base legale per i detective sociali e l’iniziativa per vacche con le corna (cfr. pagina 3) –, a quel punto erano ormai diventate poche le ragioni per restare col fiato sospeso. Di lì a poco la cartina della Svizzera si è tutta colorata di rosso: 66,3% di no, 33,7% di sì. Il rifiuto più convinto è giunto dalla Romandia, in particolar­e da Neuchâtel (77,3%), Vaud (76,6%), Giura (75,5%) e Ginevra (75,3%), mentre gli iniziativi­sti hanno raccolto maggiori consensi a Svitto (52,9%) e Appenzello Interno (53%). Nemmeno in Ticino (53,9%) i favorevoli l’hanno spuntata. Il risultato non era scontato. L’iniziativa era subito partita male nei sondaggi. Anche in seguito, i rilevament­i demoscopic­i mostravano che non riusciva a decollare. Ma non sempre i sondaggi fanno centro. E così non pochi osservator­i fino all’ultimo si sono chiesti se questi avessero davvero il polso del popolo.

Non come il 9 febbraio 2014

I toni del dibattito, fattosi viepiù acceso, avevano alimentato la suspense. In dirittura d’arrivo di una campagna insolitame­nte sobria, nella quale hanno strizzato l’occhio agli elettori della destra moderata e del centro, l’Udc e un paio di comitati a lei affini – superati fino ad allora dai contrari in fatto di slogan e messaggi provocator­i – ci hanno dato dentro. Hanno rispolvera­to gli spauracchi dei minareti e dell’immigrazio­ne fuori controllo, spacciando l’iniziativa per l’autodeterm­inazione come una soluzione miracolo in grado di sbarrare la strada sia a ‘giudici turchi’ smaniosi – a loro dire – di revocare la decisione del popolo svizzero di vietare i minareti, sia al Patto Onu sulla migrazione, che spalancher­ebbe le frontiere della Confederaz­ione. Poco meno di cinque anni fa, il guizzo finale riuscì: l’iniziativa ‘contro l’immigrazio­ne di massa’, che l’Udc difese da sola contro tutti, alla fine la spuntò per un soffio il 9 febbraio 2014. Ma stavolta, al cospetto di un fronte del ‘no’ compatto, ben organizzat­o e finanziato, nel quale ha avuto un ruolo prepondera­nte un’ampia Alleanza della società civile, le cose sono andate diversamen­te. Come nel febbraio 2016, quando popolo e cantoni respinsero un’altra iniziativa dell’Udc, quella ‘Per l’attuazione dell’espulsione degli stranieri che commettono reati’. Simonetta Sommaruga non poteva chiedere di meglio. La consiglier­a federale si è felicitata dell’esito della votazione. La popolazion­e non vuole regole rigide per risolvere problemi legati a trattati internazio­nali, ha affermato in conferenza stampa. I risultati non sono casuali, ha aggiunto. Le istituzion­i in Svizzera sono così organizzat­e che nessuno possa decidere tutto da solo. «Al contrario tutti tengono d’occhio cosa fanno gli altri», e ciò garantisce un equilibrio.

Nordmann (Ps): stanchi dell’Udc

Il ‘padre’ della proposta di modifica costituzio­nale, il professore di diritto e consiglier­e nazionale (Udc/Zh) Hans-Ueli Vogt, si aspettava «un sostegno maggiore». A suo avviso gli oppositori hanno avuto il vantaggio di poter presentare diversi argomenti. «Noi invece abbiamo dovuto cercare di motivare, in modo piuttosto astratto, il perché il diritto di voto fosse in pericolo». Il presidente Udc Albert Rösti punta il dito contro gli oppositori, rei a suo avviso di aver condotto una campagna «aggressiva e calunniosa». Gli svizzeri sono stanchi dell’Udc, sentenzia invece il capogruppo Ps alle Camere federali Roger Nordmann. Questo è un buon segnale per gli altri partiti – aggiunge – in vista delle elezioni federali del 2019. Secondo Nordmann è stato evitato il «caos fenomenale» che sarebbe seguito a un’accettazio­ne dell’iniziativa: gli svizzeri si sono dimostrati assennati e si osserva «un netto riflusso del populismo»: i cittadini «ne hanno abbastanza della logica alla Trump». Il segretario generale di Amnesty Internatio­nal (Ai) Kumi Naidoo abbonda nella stessa direzione: “In un momento storico in cui molti leader nel mondo tentano di fare marcia indietro sulla tutela dei diritti umani la popolazion­e svizzera ha mandato un messaggio importante”. Più è pericolosa un’iniziativa, più la gente si mobilita per contrastar­la, afferma Laura Zimmermann di Operazione Libero. Secondo l’associazio­ne – movimento politico che si definisce impegnato per una Svizzera aperta al mondo e orientata al futuro – sui manifesti l’Udc ha presentato il tema in modo conciliant­e, ma sui forum internet i toni erano ben diversi: c’è stata quindi una reazione. Soddisfazi­one anche dal mondo dell’economia. Per Monika Rühl, direttrice di Economiesu­isse, in gioco vi era un aspetto centrale, l’accesso ai mercati internazio­nali. E l’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam) interpreta il voto come un chiaro segnale contro l’isolamento in materia di politica estera.

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