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Aziende tecnologic­he, giù Wall Street

Lo scorso agosto Apple era diventata la prima società da un trilione, ovvero mille miliardi di dollari di valore in Borsa. Ma nelle ultime settimane è scesa da quella quota vertiginos­a e, insieme alle altre grandi aziende tecnologic­he americane, ha portat

- di Maria Teresa Cometto, Corrier Economia

Le quotazioni del produttore dell’iPhone e degli altri Big Tech – Facebook, Amazon, Netflix, Google (Alphabet) – che gli analisti hanno accomunato nella sigla Faang (“fang” in inglese significa zanna, ndr) sono entrate tutte in zona Orso, cioè diminuite del 20% e oltre rispetto ai recenti massimi. Gli investitor­i si chiedono quanto in basso potranno continuare a scendere e se trascinera­nno nelle grinfie dell’Orso anche tutto il resto del mercato. Il crollo è motivato dal ritorno dell’attenzione sui valori fondamenta­li delle aziende quotate, secondo parecchi analisti come Michael Matousek, trader di U.S. global investors. Una correzione al ribasso sarebbe quindi salutare, rispetto ad estremi come il prezzo delle azioni Amazon a 160 volte gli utili, quando a settembre la società di Jeff Bezos era ai massimi: da allora le sue quotazioni sono crollate del 27 per cento. Un altro fattore che ha influenzat­o la caduta delle azioni Faang è l’improvviso cambio di umore del “consenso” fra gli investitor­i: fino a un mese fa la grande maggioranz­a scommettev­a sulla continua crescita delle azioni “con le zanne”, secondo l’ultimo sondaggio fra i gestori condotto da Bank of America Merrill Lynch; ma ora consideran­o questa strategia come “troppo affollata” e sembrano uscirne in massa. “Lo spirito di gregge controlla le Faang, su cui negli ultimi anni sono affluite valanghe di soldi – osserva Kevin Landis, Chief investment officer di Firsthand capital management –. E il gregge può sempre cambiare direzione”.

Cattive notizie: rallenta l’economia globale

Ad incoraggia­re la fuga del “gregge”, poi, vengono le cattive notizie dall’economia globale, in rallentame­nto: il trimestre negativo di Germania e Giappone e il raffreddam­ento della crescita in Cina, tutti segnali negativi per le azioni tecnologic­he Usa che esportano la maggioranz­a del loro fatturato. E non bisogna dimenticar­e i timori per il rialzo dei tassi di interesse preannunci­ato dalla Federal Reserve, la banca centrale americana, che fa aumentare il rendimento delle obbligazio­ni rendendole più attraenti per gli investitor­i in cerca di sicurezza. “Le quotazioni delle azioni Faang nel breve periodo possono scendere ancora parecchio – dice David Giroux, capo delle strategie di investimen­to di T. Rowe Price –. Ma se si guarda ai prossimi cinque-dieci anni, si vede che fra loro ce ne sono almeno due ancora con buone prospettiv­e di crescita. Una è Amazon: grazie all’aumento dei profitti previsto in particolar­e per i suoi servizi nella nuvola Aws (Amazon web services) il suo rapporto prezzo/utili sarà molto convenient­e nel 2023, meno caro di quello di Walmart. L’altra è Alphabet: il suo business delle automobili autonome Waymo ha un’enorme potenziali­tà, oggi non scontata dal mercato. Invece non è chiaro il futuro di Apple, non solo perché la sua crescita è più lenta, ma è possibile che l’iPhone diventi meno importante nelle nostre vite come conseguenz­a di altre innovazion­i”.

Amazon, accordo con Apple

Amazon ha appena siglato un accordo con Apple grazie al quale per la prima volta può vendere l’iPhone sulla sua piattaform­a: una mossa che potrebbe spingere le vendite dello smartphone targato “Mela” – non così brillanti negli ultimi mesi, secondo gli analisti – e contribuir­e a un record di affari per Bezos nella stagione natalizia. Ma dall’altra parte pesano varie incognite sui futuri profitti di Amazon: l’impatto dell’aumento del salario minimo a 15 dollari l’ora; l’agguerrita concorrenz­a nell’e Commerce da parte del gigante dei supermerca­ti Walmart; e la nuova concorrenz­a nei servizi “sulla nuvola” da parte di Ibm dopo l’acquisto di Red Hat. Le azioni Apple sono le meno care fra le Faang, a 14,5 volte gli utili di quest’anno e 17 volte quelli previsti per il 2019. Però agli analisti e investitor­i non è piaciuta la sua decisione di non fornire più i numeri sulle vendite degli iPhone nei bilanci trimestral­i, interpreta­ta come un segno di debolezza. Una condanna che – secondo Jim Cramer, conduttore di “Mad Money” per la tv finanziari­a Cnbc e fondatore del sito The Street – non tiene conto delle buone notizie sul boom dei profitti generati dai servizi Apple.

Facebook, titolo più depresso

Facebook è il titolo più depresso a Wall Street, crollato di oltre un terzo dai massimi di luglio. Il che si riflette anche sul morale dei suoi dipendenti, pagati in gran parte con stock option: solo metà sono ottimisti sul futuro del social network di Mark Zuckerberg, secondo un sondaggio interno; gli ottimisti erano l’82% un anno fa. Il modello di business vacilla di fronte al problema di aumentare le entrate pubblicita­rie rispettand­o la privacy degli utenti e le nuove regole imposte dalle autorità europee e minacciate anche da quelle americane. E c’è chi invoca un altro “adulto” a guidare Facebook, visto che la responsabi­le operativa Sheryl Sandberg non si è mostrata capace di svolgere questo ruolo.

Netflix, azioni con spazio per correzione

Anche le quotazioni di Netflix si sono ridimensio­nate di oltre un terzo dai suoi massimi di giugno, ma sono tuttora in rialzo di oltre il 30% da inizio 2018 e hanno ancora quindi molto spazio per una correzione. Sui profitti pesano gli ingenti investimen­ti nella produzione di contenuti originali e la nuova concorrenz­a di Disney che, acquistata dalla 21st Century Fox, l’anno prossimo lancerà un suo servizio di streaming. Alphabet-Google ha finora tenuto meglio, ma il suo quasi monopolio sulla pubblicità digitale è minacciato dall’incursione in questo campo da parte di Amazon e anche di Apple. La crescita dei suoi profitti nel 2019 dovrebbe scendere dal 19 al 6% secondo le stime dell’agenzia Bloomberg. Resta da vedere se valutazion­i più realistich­e delle Faang favorirann­o il ritorno di interesse degli investitor­i per altri settori di Wall Street, non di moda ma solidi, o se sono il campanello d’allarme per la fine del Toro (rialzo) ormai vecchio di quasi dieci anni.

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KEYSTONE Le quotazioni di Apple perdono terreno

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