laRegione

Da Mozart a Sibelius

- Di Enrico Colombo

L’Ouverture delle Nozze di Figaro e il Concerto per pianoforte e orchestra in do minore K 491 di Mozart, la Suite per piccola orchestra “Pélleas et Mélisande” di Sibelius sono stati ben presentati sul programma di sala da Giovanni Gavazzeni: una paginetta utile per una ripassata all’ascoltator­e già in sala in attesa dell’orchestra. Un altro preliminar­e mi è piaciuto: la voce che, con dolcezza ma fermezza, ha ricordato al pubblico i telefonini da spegnere, il divieto di registrare e la cortesia di non fotografar­e i musicisti. Così, per la prima volta al Lac, non ho visto luci di telefonini durante le esecuzioni. Si può adesso sperare che tutto il pubblico impari a usare il guardaroba e non porti più in sala mantelli e borse della spesa: oh gran bontà delle consuetudi­ni antiche… L’Orchestra della Svizzera italiana era diretta dal suo principale direttore ospite, l’ottantunen­ne Vladimir Ashkenazy, solista il quarantano­venne pianista Piotr Anderszews­ki, che è in un momento folgorante della sua carriera: dopo Lugano ha suonato sabato a Praga, ieri a Lucerna, domani sarà a Bilbao… La forza dell’orchestra, meno di trenta archi sulla base di tre contrabbas­si, in equilibrio perfetto con la possanza del pianoforte, l’accostamen­to all’Ouverture che riassume la “folle giornata” di Figaro, la contempora­neità delle due opere terminate da Mozart nel 1776, potevano far pensare a un prevalere di teatralità nell’interpreta­zione del Concerto. Ma la teatralità presuppone un dialogo stretto fra il solista e le parti dell’orchestra, che è in gran parte mancato, con gli strumentis­ti trattenuti dalla necessità di capire un’incerta direzione. Non basta il carisma di grande pianista a fare un buon direttore d’orchestra. Nessun dubbio che Ashkenazy abbia le idee chiare sul Concerto di Mozart, ma è evidente che, quanto meno con i suoi gesti, non le sappia comunicare. La magnifica orchestra si è comunque difesa e, ovunque le è stato possibile ha esibito almeno la bellezza di suono delle sue sezioni e delle sue prime parti. Anderszews­ki è stato all’altezza di ogni aspettativ­a, con un fraseggio capace sempre di emergere sull’orchestra, di evidenziar­e la sua personalit­à (bellissima la sua cadenza del primo tempo), ha esibito una qualità di suono e un’emotività spinte un po’ oltre le peculiarit­à mozartiane, che ha sottolinea­to anche con la scelta del bis: la prima delle sei Bagatelle op. 126 di Beethoven. Per l’Ouverture iniziale, e la Suite di Sibelius, penso si possa parlare di onesta lettura, non certo di interpreta­zione originale. La musica di scena, eseguita fuori programma, con il troppo celebre “Valse triste” è stata un’appendice un po’ sdolcinata, che ha conculcato il preteso simbolismo di Sibelius. Venerdì mattina l’Osi è poi partita per Bucarest, dove sabato sera ha ripetuto lo stesso programma con un altro solista, il pianista Nelson Goerner.

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