Da Mozart a Sibelius
L’Ouverture delle Nozze di Figaro e il Concerto per pianoforte e orchestra in do minore K 491 di Mozart, la Suite per piccola orchestra “Pélleas et Mélisande” di Sibelius sono stati ben presentati sul programma di sala da Giovanni Gavazzeni: una paginetta utile per una ripassata all’ascoltatore già in sala in attesa dell’orchestra. Un altro preliminare mi è piaciuto: la voce che, con dolcezza ma fermezza, ha ricordato al pubblico i telefonini da spegnere, il divieto di registrare e la cortesia di non fotografare i musicisti. Così, per la prima volta al Lac, non ho visto luci di telefonini durante le esecuzioni. Si può adesso sperare che tutto il pubblico impari a usare il guardaroba e non porti più in sala mantelli e borse della spesa: oh gran bontà delle consuetudini antiche… L’Orchestra della Svizzera italiana era diretta dal suo principale direttore ospite, l’ottantunenne Vladimir Ashkenazy, solista il quarantanovenne pianista Piotr Anderszewski, che è in un momento folgorante della sua carriera: dopo Lugano ha suonato sabato a Praga, ieri a Lucerna, domani sarà a Bilbao… La forza dell’orchestra, meno di trenta archi sulla base di tre contrabbassi, in equilibrio perfetto con la possanza del pianoforte, l’accostamento all’Ouverture che riassume la “folle giornata” di Figaro, la contemporaneità delle due opere terminate da Mozart nel 1776, potevano far pensare a un prevalere di teatralità nell’interpretazione del Concerto. Ma la teatralità presuppone un dialogo stretto fra il solista e le parti dell’orchestra, che è in gran parte mancato, con gli strumentisti trattenuti dalla necessità di capire un’incerta direzione. Non basta il carisma di grande pianista a fare un buon direttore d’orchestra. Nessun dubbio che Ashkenazy abbia le idee chiare sul Concerto di Mozart, ma è evidente che, quanto meno con i suoi gesti, non le sappia comunicare. La magnifica orchestra si è comunque difesa e, ovunque le è stato possibile ha esibito almeno la bellezza di suono delle sue sezioni e delle sue prime parti. Anderszewski è stato all’altezza di ogni aspettativa, con un fraseggio capace sempre di emergere sull’orchestra, di evidenziare la sua personalità (bellissima la sua cadenza del primo tempo), ha esibito una qualità di suono e un’emotività spinte un po’ oltre le peculiarità mozartiane, che ha sottolineato anche con la scelta del bis: la prima delle sei Bagatelle op. 126 di Beethoven. Per l’Ouverture iniziale, e la Suite di Sibelius, penso si possa parlare di onesta lettura, non certo di interpretazione originale. La musica di scena, eseguita fuori programma, con il troppo celebre “Valse triste” è stata un’appendice un po’ sdolcinata, che ha conculcato il preteso simbolismo di Sibelius. Venerdì mattina l’Osi è poi partita per Bucarest, dove sabato sera ha ripetuto lo stesso programma con un altro solista, il pianista Nelson Goerner.