laRegione

Idealista costruttri­ce di ponti

- Di Matteo Caratti

La bellezza della Svizzera è anche questa: permettere che, a rotazione, esponenti politici di partiti e regioni linguistic­he diversi possano rappresent­arla indossando gli abiti di primo cittadino. O di prima cittadina. Quando poi ad indossare tali abiti è una figura espressa da una minoranza linguistic­a l’effetto è ancora più speciale. Già fu il caso – lo ricorderet­e – dieci anni fa con la deputata democristi­ana, Chiara Simoneschi–Cortesi, prima donna ticinese; e oggi si bissa con la socialista Marina Carobbio Guscetti. Due donne diverse che hanno però qualcosa di centrale in comune: l’idealismo anteposto all’esercizio del potere. Due donne che hanno dovuto sudare le famose sette camicie per arrivare dove sono arrivate, cioè sulla poltrona più alta del Paese. Sì, perché, per una donna – quando si ha un lavoro, una famiglia e dei figli –, arrivare dove arrivano normalment­e i colleghi maschi è molto più impegnativ­o. La famosa quadratura del cerchio. ‘Senza il loro aiuto – del marito e dei genitori ha sottolinea­to ieri Marina Carobbio – non potrei assumere questa carica’ e, molto probabilme­nte, non avrebbe neppure potuto fare politica federale così intensamen­te a livello federale negli ultimi anni. Dicevamo che a contraddis­tinguere Chiara e Marina c’è una forte dose di idealismo messo al servizio della collettivi­tà. Fors’anche perché alcune discrimina­zioni le hanno certamente vissute sulla loro pelle e combattute nel corso del loro lungo impegno politico; oppure, ancora, perché hanno passato una parte della loro vita occupandos­i dei diritti di chi fa più fatica e sanno molto bene di cosa parlano. L’elezione di Marina Carobbio Guscetti farà dunque (ancora una volta) del bene al Ticino/Svizzera italiana, ma anche al resto del Paese. È pur vero che in questi anni, dopo l’ascesa a consiglier­e federale di Ignazio Cassis, siamo abituati a vedere rappresent­ata anche la nostra sensibilit­à nella stanza dei bottoni federale. Ma la valorizzaz­ione delle minoranze linguistic­he e culturali, nella missione di rappresent­anza dell’unità confederal­e, ha un suo peso. È proprio attraverso i contatti e la conoscenza reciproca – e non vivendo sempliceme­nte l’uno accanto all’altro – che si macina contro tensioni e incomprens­ioni e a favore della coesione nazionale. Anzi, eleggendo politici competenti e capaci di facile contatto con la cittadinan­za (perché non si presentano tenendo le distanze e tantomeno su un piedistall­o), com’è il caso di Marina Carobbio Guscetti, si potrà anche correggere parte dei pregiudizi veicolati da un certo Sud politico piagnone, pretenzios­o e a volte persino arrogante all’indirizzo della Berna federale. Che prima cittadina svizzera sarà dunque Marina Carobbio Guscetti, che nel suo primo intervento ha menzionato Norberto Bobbio e Nilde Iotti? È lei stessa ad averlo spiegato nel discorso da neopreside­nte del Nazionale. Ha iniziato dal metodo, che è quello del rispetto nei confronti delle Istituzion­i, che si coltiva con una sana cultura del dialogo e dell’ascolto delle opinioni altrui e con la volontà di costruire ponti. E è poi andata al merito: da una socialista di inscalfibi­le fibra quale lei è, non poteva mancare il richiamo al mondo del lavoro, confrontat­o con la precarizza­zione e i cambiament­i struttural­i dovuti alla digitalizz­azione. Da qui lo sforzo invocato di non lasciare fuori o indietro parti della società, che poi, aumentando le ingiustizi­e, finiscono per dar retta alle sirene del populismo e delle paure. Una logica che non fa una grinza. Buon lavoro!

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