La Brexit non è indolore
Il divorzio tra Regno Unito e Ue avrà conseguenze economiche negative Gli effetti saranno più o meno sensibili a seconda del tipo di accordo. Con il ‘soft deal’ siglato domenica, il costo sarà di 1’500 sterline per cittadino.
Gli ultimi due anni – dove più, dove meno – sono stati un periodo di crescita economica globale. Una crescita piuttosto sincronizzata tra economie mature ed emergenti. Per l’anno che sta per iniziare i principali indicatori macroeconomici puntano invece a un rallentamento. Non si parla ancora di recessione. È quanto emerge dalle previsioni economiche-finanziarie fatte dagli esperti di Unione bancaire privée (Ubp) ieri a Lugano presso il Lac. Gli Stati Uniti dovrebbero confermarsi ancora una volta alla guida del ciclo economico, mentre la Cina seguirà. Il resto del mondo – hanno spiegato Norman Villamin, Cio Private banking di Ubp e Christel Rendu de Lint, responsabile investimenti obbligazionari sempre per Ubp. Sarà il resto del mondo a dover adeguare le strategie a queste superpotenze in un momento in cui la dinamica economica globale rallenta, l’inflazione sta facendo di nuovo capolino anche se in modo moderato e la politica monetaria – dopo un lungo periodo di allentamento quantitativo – sta per conoscere una stretta. Negli Stati Uniti la stagione di rialzi è iniziata quasi due anni fa, corro-
borata però da una robusta crescita del Pil, mentre nell’Eurozona la Banca centrale europea terminerà gli acquisti di titoli sul mercato secondario (Quantitative easing) il prossimo dicembre e in momento di svolta negativa dell’economia. Il presidente della Bce Mario Draghi su questo punto è però ancora piuttosto vago, stando alle affermazioni fatte ancora
ieri davanti al Parlamento europeo. “I recenti sviluppi confermano le valutazioni del board sulle prospettive a medio termine dell’inflazione”, quindi la Bce conferma che “gli acquisti di asset si fermeranno a dicembre 2018”, se i dati in arrivo confermeranno le valutazioni. Ma “allo stesso tempo le incertezze chiedono pazienza, prudenza e persistenza nel calibrare la nostra politica monetaria”, quindi uno “stimolo significativo è ancora richiesto”, ha spiegato Draghi. Sull’Europa, o meglio sull’Unione europea, pesano anche due fattori non trascurabili: il divorzio consensuale del Regno Unito dall’Ue e la vertenza tra Commissione europea e governo italiano sulla manovra di bilancio. Per quanto riguarda gli effetti economici della Brexit, il professor Sergio Rossi, ordinario di economia politica all’Università di Friburgo è piuttosto categorico: «Qualunque sarà il tipo di accordo tra Bruxelles e Londra, l’economia inglese subirà dei contraccolpi negativi più o meno forti». Stando all’accordo ‘soft’ siglato domenica scorsa (il voto di ratifica è previsto per l’11 dicembre, ndr) e tenendo conto dei canali di trasmissione (prevalentemente gli scambi commerciali e gli investimenti diretti) il professor Rossi immagina una caduta del Pil britannico del 3,3% entro il 2020 e un calo del reddito individuale di circa 2’200 sterline pro capite. Più a lungo termine (2030) la caduta del Pil potrebbe andare dal 2,7% (scenario ottimista) o di 1’500 sterline di reddito pro capite in meno, fino al -7,7% del Pil (5mila sterline a britannico). Più limitati gli effetti sull’economia dell’Ue (tra il -0,1% e il -0,36% del Pil) a seconda di un’uscita ‘dolce’ e una ‘dura’. La Svizzera non sarà immune e dovrà rivedere gli accordi che regolano le relazioni commerciali visto che il Regno Unito è pur sempre il quarto mercato di sbocco per il prodotti svizzeri.