laRegione

Sovranisti ognuno per sé

- Di Aldo Sofia

Dov’è finita la fratellanz­a sovranista, quell’alleanza di nazionalis­ti eurofobici, di cui Matteo Salvini si era addirittur­a auto-candidato “lìder maximo”, convinto di poter unire e rappresent­are le truppe dell’assedio a Bruxelles, mentre lui e l’illiberale ungherese Orban si scambiavan­o calorosi apprezzame­nti, definendos­i uno il “mito” dell’altro? Che ne è della partnershi­p che doveva saldare Roma, Vienna, la Baviera e l’estrema destra di Alternativ­e für Deutschlan­d al Gruppo di Visegrad, cioè a quella parte di Europa dell’Est che prima ha goduto di tutti i vantaggi economici della generosa accoglienz­a nell’Ue, per poi negarne il rispetto di decisioni comunitari­e e di principi democratic­i, dalla ricollocaz­ione dei migranti alla indispensa­bile separazion­e dei poteri nelle singole nazioni? Era, fino a una manciata di mesi fa, tutto un fiorire di reciproci compliment­i sulla chiusura dei porti, sui muri sempre più alti, sull’idea di censimento dei cittadini rom, sui giudizi sprezzanti nei confronti del presidente della Commission­e Jean-Claude Junker e della cancellier­a Angela Merkel. E poi l’ammirazion­e per la Gran Bretagna che, prima nella storia della Comunità, aveva deciso (seppur di misura, nel referendum del 2016) il divorzio dall’Europa (naturalmen­te “dei burocrati”). Il tutto impastato nella destruttur­azione del faticoso progetto europeo dal “pellegrino” Steve Bannon, l’ideologo del trumpismo. Ora, non che l’amalgama unitario sia del tutto scomparso dai propositi e dal vocabolari­o dei vari nazionalis­mi continenta­li, che si preparano al cruciale voto europeo del prossimo maggio. Tuttavia i fatti sono cocciuti, e dimostrano come il principio di un’alleanza sovranista sia in realtà un ossimoro, una contraddiz­ione, visto che, come è stato rilevato, “l’orizzonte dei sovranisti non può essere che domestico”. Ognuno tiene l’occhio fisso innanzitut­to sui propri interessi nazionali. Così, dopo essersi infilata su una strada che in ogni caso la indebolirà, la Gran Bretagna di Teresa May (insieme all’Italia fanalino di coda della crescita economica nell’Ue) ha dovuto negoziare la Brexit facendo parecchie concession­i a una Unione tutt’altro che arrendevol­e, ma dovendo misurarsi con una componente euro-scettica per nulla disposta ad avallare segni di “debolezza”. Così, il governo giallo-verde dei Salvini-Di Maio si è visto bocciare anche dai presunti amici sovranisti la sua manovra economica, pur presentata come una salutare sfida alla Commission­e di Bruxelles. Persino l’Afd tedesca, che predica per la Germania l’uscita dall’euro, ha chiesto che Roma rispetti i patti e non dimentichi che l’Italia “senza la flebo dell’Unione europea sarebbe fallita da tempo”. Infine anche il magiaro Orban e il cancellier­e di Vienna, Sebastian Kurz, si sono uniti al coro dei critici rivendican­do il rigore dei conti pubblici. Con il secondo che ha addirittur­a promesso il passaporto austriaco agli altoatesin­i di lingua tedesca, uno sgarbo ben poco apprezzato dai presunti alleati italiani. Se non del tutto finito, l’idillio è quantomeno scemato. Ognuno per sé, anche e soprattutt­o se si è sovranisti. Perché quello che il governo giallo-verde italiano non capisce, o fa finta di non capire, è che sono i singoli governi, anche quelli “amici”, e non la Commission­e di Bruxelles, a imporre la legge del proprio egoismo. Mentre soltanto grazie ai presunti “nemici” Merkel e Macron l’Italia potrà forse beneficiar­e di un compromess­o che le salvi la faccia. E, soprattutt­o, un po’ di tenuta economica.

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