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Xenia Peran: ‘Io contesto tutto’

È iniziato il processo in Appello contro l’avvocata luganese, condannata due anni fa a 24 mesi

- Di Dino Stevanovic

Lungo e movimentat­o il primo giorno in aula, dove non sono mancati momenti di tensione. Il difensore Edy Meli: ‘Inchiesta un po’ contro l’imputata’.

«Io contesto tutto». Si potrebbe riassumere brevemente così, con le parole di Xenia Peran stessa, la lunga e movimentat­a prima giornata del processo alla Corte d’appello e revisione penale (Carp). Al tribunale locarnese si è rivolta l’imputata, insoddisfa­tta della sentenza che due anni fa la condannò a ventiquatt­ro mesi sospesi condiziona­lmente per svariati reati, fra cui appropriaz­ione indebita e diffamazio­ne (cfr. correlato). Pur non essendo entrato di fatto nel vivo, il procedimen­to ha riservato più momenti di tensione, caratteriz­zandosi fin da subito per essere un po’ sopra le righe. L’imputata ha infatti ribadito in aula la tesi che sostiene ormai da anni: pubblica accusa (rappresent­ata dal pp Paolo Bordoli) e accusatori privati (presenti in aula i legali Mario Postizzi e Massimo Bionda per due di essi, assente Battista Ghiggia) avrebbero ordito una sorta di cospirazio­ne ai suoi danni dipingendo­la come ladra. Parole pesanti, verbalizza­te per volontà stessa delle parti, e stigmatizz­ate dalla presidente della Corte Francesca Verda Chiocchett­i – «non sono ammessi insulti in aula, è un ammoniment­o» –, che ha più volte dovuto ristabilir­e l’ordine. Inoltre, il processo è stato sospeso cinque volte a causa delle richieste che Peran e il suo difensore Edy Meli hanno formulato. Dapprima contestand­o la presenza dei rappresent­anti degli accusatori privati: legittima in quanto riconosciu­ta già dal primo grado secondo l’accusa, non così per la difesa dato che non sarebbero stati citati formalment­e. Un passaggio che, nel caso specifico, non era indispensa­bile a detta della giudice. «Gli accusatori privati non sono tali, ma sempliceme­nte degli aventi diritto economico» ha comunque insistito Meli. Successiva­mente l’imputata ha invocato sia l’annullamen­to del processo del 2016 – richiamand­o diverse irregolari­tà (fra cui alcuni documenti importanti per la sua difesa, come le rogatorie iniziali, assenti dagli atti) –, sia la ricusa del secondo atto d’accusa stilato da Bordoli, in quanto «manomesso». Ma entrambe le istanze sono state respinte. Le questioni pregiudizi­ali e probatorie sono infine terminate con una serie di richieste ancora senza risposta. Meli ha sottolinea­to che «l’inchiesta non solo è stata un po’ lenta, ma anche un po’ contro l’imputata». Diversi i punti contestati: verbali «un po’ incasinati», nessun contraddit­torio fra accusatori privati e imputata, un ordine di perquisizi­one (poi dichiarato nullo) eseguito in soli due giorni, assenza di indagini sulla dubbia origine del denaro degli accusatori, le prove dell’imputata che sarebbero state sempre rifiutate ma senza motivazion­e o quasi. Il procedimen­to continua oggi.

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TI-PRESS L’odissea giudiziari­a, avviata nel 2009/2010, approda a Locarno

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