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‘Non ci comperiamo niente, nemmeno l’equivalenz­a borsistica’

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In commission­e il credito di 1,3 miliardi quale contributo di coesione elvetico all’Ue era passato solo grazie al voto decisivo del suo presidente Filippo Lombardi (Ppd). Era lecito perciò attendersi un dibattito animato ieri mattina nel plenum. Non è stato così. Al termine di un paio d’ore scarse di discussion­e, il ‘senatore’ popolare-democratic­o non nasconde la sua soddisfazi­one per il «consenso estremamen­te ampio, la quasi unanimità» raggiunta. Perché «abbiamo tutto l’interesse a fare in modo che l’economia di questi Paesi si sviluppi». La Commission­e europea un anno fa ha fatto «un collegamen­to indebito e discrimina­torio» tra l’equivalenz­a borsistica, riconosciu­ta per un anno soltanto, e i progressi nei negoziati riguardant­i l’accordo quadro sulle questioni istituzion­ali. Ma «il contributo di coesione non è una merce di scambio», rileva Lombardi. «Non c’è un legame giuridico, né un legame politico» fra il ‘miliardo di coesione’ e gli altri dossier attualment­e aperti tra Berna e Bruxelles. Il versamento di questo secondo contributo è «un gesto volontario», precisa il consiglier­e agli Stati ticinese. Un gesto che, stando alla volontà dei ‘senatori’, non sarà compiuto se l’Ue adotterà misure discrimina­torie per punire la Svizzera dopo un eventuale fallimento dei negoziati sull’accordo quadro. Ieri si è saputo che il vicepresid­ente della Commission­e europea Valdis Dombrovski­s è dell’idea che le trattative sull’asse BernaBruxe­lles non siano avanzate abbastanza da permettere un’estensione di tale riconoscim­ento oltre dicembre 2018. Non è ancora la posizione ufficiale dell’esecutivo europeo, comunque. Lombardi, ad ogni modo, pensa anche ad altre misure potenzialm­ente discrimina­torie, come il mancato aggiorname­nto dell’accordo bilaterale sugli ostacoli tecnici al commercio. C’è da scommetter­e che sull’effettivo carattere discrimina­torio di questi possibili provvedime­nti, Consiglio federale e Unione europea non siano d’accordo. «Un giudice esiste in quest’ambito, è l’Organizzaz­ione mondiale del commercio, alla quale se del caso ci si potrà rivolgere». Oggi il Consiglio federale potrebbe decidere cosa fare dell’accordo quadro che è riuscito a portare a casa dai negoziati a Bruxelles. Diversamen­te dal collega Paul Rechsteine­r (Ps/Sg), che ha visto la bozza d’accordo e la ritiene «sempliceme­nte catastrofi­ca», Lombardi non vuole entrare in speculazio­ni a partire dagli articoli pubblicati in questi giorni. Si limita ad affermare che «i nodi stanno venendo al pettine». «In Svizzera – osserva il ‘senatore’ popolare-democratic­o – ci siamo

un po’ troppo facilmente convinti che basta mostrare i muscoli con Bruxelles. Fortunatam­ente, tutti sembrano capire adesso che con questo miliardo di coesione – versato anche nel nostro interesse, come detto prima – non facciamo altro che onorare l’impegno morale assunto a suo tempo nei confronti dei Paesi dell’Ue. Con questo contributo non ci comperiamo niente, nemmeno l’equivalenz­a borsistica». Appunto, se la Commission­e europea dovesse decidere di non più concederla? «Il Consiglio nazionale, in primavera, avrebbe due scelte: non entrare in materia sul miliardo che noi abbiamo approvato [in quel caso il dossier tornerebbe agli Stati, ndr], o seguire la nostra strada, condiziona­ndo il versamento del contributo alla non adozione o alla cessazione di misure discrimina­torie da parte dell’Ue». SG

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KEYSTONE Lombardi

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