laRegione

Territorio comune

- Di Roberto Kufahl, Grumo di Torre

La protezione della natura è un tema che ancora oggi nelle località periferich­e rasenta la rilevanza zero. Mi ricorda la discussion­e sull’ambiente avuta col mio defunto suocero bernese quarant’anni or sono, il quale, cacciatore passionale e profession­ista stimato nel suo paese, soleva argomentar­e: siamo sempre stati ecologici. Affermazio­ne già cieca allora, oggi sostanzial­mente insostenib­ile dopo che il problema “ecologia” è salito sulla scala mondiale delle priorità. Gli esiti negativi delle votazioni popolari sui due parchi nazionali peseranno sulla politica delle aree da proteggere, nel senso espresso da Fabio Giacomazzi su laRt del 28.6.2018: “Dal momento che un parco ha una valenza di tipo ‘nazionale’, quindi assume un significat­o e valore per tutta la popolazion­e del Paese, non sarebbe più democratic­o che a votare fossero tutti gli aventi diritto della Svizzera?”. L’Ordinanza sui parchi del 2007 si è scontrata con gli anacronism­i, le esigenze diverse hanno incontrato le nostalgie, l’interesse collettivo è stato frustrato dai piccoli interessi superstiti. Direi che anche la democrazia diretta non ne esce senza macchie. Il mondo corre e cambia senza rispetto per le condizioni esistenzia­li, che risultano molto differenzi­ate, pertanto talvolta succede anche che gli interessi particolar­i hanno la meglio su quelli collettivi. Ma i temi mondiali determiner­anno precisamen­te le problemati­che locali e i sistemi circoscriv­eranno le periferie. Sulle questioni del territorio mi pare buono l’ausilio di Niklas Luhmann, il sociologo di “potere e complessit­à sociale”, che svalorizza quei fattori puramente umanisti ed eleva la proliferaz­ione dei fattori sistemici, donde la sua analisi di una società divenuta “sistema sociale” megaricco di differenzi­azioni. Nella dinamica dell’individuo opposto al sistema sociale viene a ripetersi il carattere più strettamen­te egoistico e quello più apertament­e sociale dell’individuo medesimo. L’equilibrio collettivo, cioè interessan­te un numero più grande possibile di individui, sarebbe minacciato dalla resistenza delle componenti egoistiche. I sistemi della complessit­à sociale costituisc­ono un potere invincibil­e che ingloba quasi tutto, ma che rende sempre più all’evidenza anche i problemi comuni: non sopprimono del tutto la buona volontà di ridurre la complessit­à del mondo − finché però si riveli sufficient­e una volontà umanistica! Luhmann individua situazioni di “troppo potere”. Mi pare di vedere questo nelle Officine di Bellinzona, che vedono gli elementi di resistenza politica dei dipendenti sopraffatt­i dagli elementi sistemici delle Ffs. Individua an- che situazioni di “troppo poco potere”. Qui mi pare il caso che riguarda appunto le decisioni sull’ambiente, come per i nostri parchi. In un futuro non lontano non è da escludere la necessità di avvicinars­i a decisioni centrali, autoritari­e e urgenti come in clima di emergenza di guerra. Tolleranza delle intese sostituita da provvedime­nti necessari? Gli intellettu­ali dovrebbero impegnarsi a dare delle spiegazion­i: i vallerani devono capire che in valle si vive con tutta la tecnologia che si vuole (si può vivere in città) e che, invece, i cittadini per vivere il territorio devono spostarsi fuori dalle città. La tera l’è basa, ul teren l’è di nevod, ul govern l’è ladro: per me la trilogia religiosa delle valli è già tramontata perché non più adatta a leggere la realtà che ci circonda.

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