La Legge sul CO2 e il pallino di Regazzi
La maggioranza Udc/Plr al Nazionale edulcora la revisione. Anche grazie ad alcuni Ppd.
Martedì mattina, sala del Consiglio nazionale: seconda parte del dibattito fiume sulla nuova Legge sul CO2. Sugli schermi un pallino bianco (astensione) o rosso (contrario) fa capolino più d’una volta tra i pallini verdi che colorano la parte dell’emiciclo occupata dai deputati del Ppd. Il dubbio: ma quello non è Fabio Regazzi? Eh, già. «Ha visto cosa ha fatto Regazzi? È stato decisivo! Contro la sua consigliera federale!», sbotta il capogruppo socialista Roger Nordmann (Vd) rivolgendosi al corrispondente di questo giornale, che si trova a passare di lì mentre lui armeggia con una delle fotocopiatrici nella Sala dei passi perduti. Andiamo a vedere. Legge sul CO2, articolo 3: obiettivi di riduzione. Capoverso 1: “Nel 2030 le emissioni di gas serra possono ammontare al massimo al 50% delle emissioni del 1990 (...)”. Il Nazionale lo ha approvato: 126 voti a 65, d’accordo anche Regazzi. Capoverso 2: “Nel 2030 la riduzione delle emissioni di gas serra di cui al capoverso 1 deve risultare per almeno il 60% da provvedimenti realizzati in Svizzera (...)”. Voto: 95 ‘sì’, 97 ‘no’ e un astenuto. Dunque: buona parte della riduzione delle emissioni di CO2 dovrà avvenire non in Svizzera, ma all’estero mediante l’acquisto di certificati di emissione. Tra i 97 ‘no’ ci sono anche quelli dei popolari-democratici Fabio Regazzi e Thomas Egger (Vs). Se i due non avessero votato con Udc e Plr, ma come i loro colleghi di partito, del Pvl, del Pbd e della sinistra (e come raccomandava di fare la ‘loro’ consigliera federale), sarebbe stata pari e patta (a onor di cronaca va detto che pure alcune assenze nel gruppo Ppd hanno avuto il loro peso). A quel punto, il voto decisivo della presidente Marina Carobbio Guscetti (Ps) avrebbe fatto pendere la bilancia a favore della proposta della maggioranza e del governo. Regazzi non si scompone. «Non bisogna limitare le possibilità di ridurre le emissioni all’estero. Ciò che conta è che le emissioni siano ridotte globalmente, dove lo si fa – in Svizzera o no – è secondario», dichiara. La sua posizione («annunciata e nota a tutti nel mio partito già prima del dibattito») è peraltro in linea con «le esigenze dell’economia». Per Economiesuisse e Unione svizzera arti e mestieri, fissare obiettivi rigidi di riduzione da realizzare in Svizzera e all’estero creerebbe inutili vincoli e impedirebbe un utilizzo efficiente delle risorse per un’efficace protezione del clima. Con la nuova Legge sul CO2 per il periodo post 2020, volta ad applicare gli Accordi di Parigi, la Svizzera intende contribuire affinché l’aumento della temperatura mondiale sia sensibilmente inferiore a 2 gradi, limitandolo se possibile a 1,5 gradi. Tra le prime misure decise: no a valori limite delle emissioni per gli edifici; le emissioni delle auto nuove non dovranno in media oltrepassare tra il 2021 e il 2024 i 95 grammi di CO2 per km. Il dibattito prosegue lunedì. Gli Stati se ne occuperanno in una prossima sessione.