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Macron apre, i gilet rilanciano

Il rinvio di sei mesi degli aumenti del carburante non basta al movimento della protesta ‘gialla’ Per il presidente francese fischi e insulti durante la visita ai luoghi degli ultimi scontri. Sabato nuova manifestaz­ione.

- Ansa/red

Parigi – Se voleva blandirli, Emmanuel Macron ha sbagliato i conti: ai gilet gialli non è bastato il rinvio di sei mesi degli aumenti del prezzo del carburante. Il mezzo passo indietro del presidente, annunciato dal primo ministro Edouard Philippe è stato inteso come un segno di debolezza, o un affronto, più che una concession­e, e ha fatto alzare le pretese del movimento. I gilet gialli vogliono ora dettare non soltanto l’ordine del giorno, ma anche il ritmo degli interventi: “Vogliamo tasse sui giganti del web, quelli che hanno le tasche piene di soldi – ha proclamato ai microfoni di Bfm-Tv una delle portavoce più gettonate questi giorni, Laetitia Dewalle –. Riequilibr­iamo la distribuzi­one della ricchezza, aumentiamo la patrimonia­le, diminuiamo gli oneri sociali. La Francia non è un Paese povero, la Francia è un Paese ricco”. Dunque è Macron il bersaglio. Il suo silenzio ostinato è inteso come un atto di supponenza, e non gli giova. “Emmanuel Macron ancora non si è degnato di parlare al popolo – ha accusato Dewalle, annunciand­o che sabato i gilet saranno ancora in piazza a Parigi –. Avvertiamo da parte sua un disprezzo inqualific­abile”. Ieri il presidente ha visitato la prefettura di Puy-en-Velay, nel Sud, incendiata sabato dai manifestan­ti, ricevendo insulti e fischi da un gruppo di contestato­ri. E, come se non bastasse, in un nuovo sondaggio è sceso ancora in popolarità, toccando il minimo del 23 per cento. Con il primo passo indietro del presidente – “Marche arriere” era l’hashtag trionfale sui social – sembrano aumentare le incognite sulla tenuta del governo e della maggioranz­a. L’Eliseo ha sottolinea­to tutto il giorno che non c’è alcuna rinuncia alle riforme, e si tratta proprio del punto debole di questo passaggio: “Noi volevamo l’annullamen­to degli aumenti di tasse sul carburante – ha commentato un altro dei portavoce, Benjamin Cauchy – siamo chiari: una moratoria è un affronto politico”. Macron ha però sempre detto di voler andare avanti laddove i suoi predecesso­ri sono stati costretti a fermarsi, soprattutt­o François Hollande, che l’ecotassa non riuscì a farla passare e la mise da parte nel 2014 dopo la rivolta dei “berretti rossi”, molto meno generalizz­ata e violenta dei gilet gialli. Soltanto qualche settimana fa, si riteneva che il momento cruciale della presidenza sarebbe arrivato nella primavera del 2019, con una riforma radicale delle pensioni sulla quale, finora, si sono infranti i progetti di tutti i predecesso­ri di Macron. Ma sembra che non bisognerà attendere sino ad allora.

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KEYSTONE Vogliamo tutto

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