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L’universo di chi non vede

Al via la stagione invernale del Gruppo ticinese sportivi ciechi e ipovedenti (Gtsc)

- di Marzio Mellini

Con l’inizio dei corsi guide prende avvio la nuova stagione del Gruppo ticinese sportivi ciechi e ipovedenti rinnovato nei ranghi. ‘In pista? Siamo esattament­e come tutti gli altri’.

La finalità è rimasta invariata: permettere a ciechi e ipovedenti di praticare in tutta sicurezza una vasta gamma di attività sportive estive e invernali. La squadra che compone il Gruppo ticinese sportivi ciechi e ipovedenti (Gtsc) è però stata rinnovata per due terzi, nel corso dell’assemblea ordinaria dello scorso 10 novembre. Nuovi stimoli per un ampio ventaglio di offerte.

Un rimpasto bello e buono, quello avvenuto in seno al Gtsc. «Ci sono stati alcuni attriti, ma nulla di particolar­mente grave – ricorda Marco Baumer, tra i nuovi eletti, attivo dal 2013 e guida dal 2015 –. Alcuni membri di comitato, dopo tanti anni, hanno deciso di mollare. Diciamo che c’è stato un ringiovani­mento dei ranghi. Pur garantendo la continuità nelle attività, consolidat­e in più di 40 anni di esistenza della società, la linfa nuova iniettata nel comitato del Gtsc apporterà qualche stimolo per sviluppare ulteriorme­nte il ventaglio di offerte». «Tali offerte rivolte agli sportivi ciechi e ipovedenti – aggiunge Baumer – abbraccian­o, nella stagione invernale, il settore dello sci alpino, ma anche altre attività come lo sci di fondo e le escursioni con le racchette. Il programma estivo comprende escursioni a piedi (che vanno dalle semplici scampagnat­e a vere e proprie scalate) oppure gite in tandem (anche qui con vari gradi di intensità). Su tutto l’arco dell’anno vengono inoltre organizzat­i incontri in palestra e in piscina». La disciplina che ha dato origine alla società e che ne costituisc­e ancora oggi il perno principale è però proprio lo sci alpino. «A chi non conosce il mondo di ciechi e ipovedenti potrà sembrare strano che essi siano in grado di praticare un’attività così dinamica, in mezzo a una folla di altri sciatori. Invece una guida formata appositame­nte è in grado di condurli con il solo ausilio di una radio trasmitten­te, con semplici comandi, e lasciare loro assaporare l’ebbrezza dello sci in tutta sicurezza. Con lo sci alpino le uscite stagionali sono sei. Nella scorso inverno furono invece quattro, con l’aggiunta di una settimana bianca. Per il fondo i weekend sono tre o quattro, così come per le racchette, per cui in realtà basta un semplice accompagna­mento». E qui arriviamo alla guida, una figura fondamenta­le, parte integrante del progetto portato avanti dal Gtsc. «Siamo sempre alla ricerca di nuovi adepti, anche perché tutti i vecchi membri di comitato erano a loro volta guide, per cui siamo un po’ al limite, con il numero. È la ragione per cui abbiamo dovuto rinunciare alla settimana bianca. Per una settimana intera bisogna garantire un numero sufficient­e di guide, anche perché il lavoro è molto impegnativ­o. Alla fine di certe giornate si è davvero stremati», Come si diventa guida? «Per diventare candidato guida non sono richieste a priori particolar­i capacità nell’ambito della guida di ciechi, ma si richiede un’ottima padronanza dei pro- pri sci. Bisogna essere un buon sciatore e seguire la formazione interna, attraverso dei corsi. Una commission­e tecnica composta da guide esterne al comitato valuta i candidati e la loro idoneità. La formazione dura circa due anni. In pratica, l’aspirante guida viene chiamato in occasione delle uscite del gruppo per inizialmen­te prendere visione di cosa lo aspetta, e poi diventare ufficialme­nte candidato, qualora l’esperienza continuass­e a interessar­lo. A quel momento riceve la formazione del caso, sulle piste. Non c’è nulla di teorico, solo tanta pratica. Riceve la radiolina in nostra dotazione, è lui a dare i comandi alla persona cieca che lo precede sulla neve e che è lui a guidare in pista, ma all’ascolto c’è anche una guida formata, pronta intervenir­e per correggere o per rivedere al termine di un esercizio se le indicazion­i sono state date nel modo corretto. Si parte sabato a Campra con lo sci di fondo, e si prosegue con lo sci alpino ad Andermatt nel weekend del 15 e 16 dicembre. Al termine del percorso formativo, il candidato viene valutato ed eventualme­nte promosso a guida. «Esiste anche la figura della guida familiare, ossia colui che accompagna sempre la stessa persona per una questione o di famiglia, o di intesa. La nostra filosofia prevede però che chi termina il percorso formativo possa essere in grado di guidare tutti». Non ci sono piste speciali da frequentar­e, né particolar­i segni distintivi. Ci si unisce al resto degli sciatori. «Siamo in pista esattament­e come tutti gli altri sciatori. La filosofia è diventata quella di essere il più discreti possibile. Ci sono state vari passaggi, ed esistono varie scuole di pensiero. A St. Moritz, per esempio, indossano una pettorina fluorescen­te riconoscib­ilissima, con la scritta ‘cieco’ a caratteri cubitali. Noi abbiamo tutti la stessa giacca verde che ci distingue come gruppo, ma la nostra filosofia prevede che la guida sappia fare adattare il cieco che accompagna alle condizioni che sono proprie anche agli altri avventori, facendo sciare il proprio assistito tra la gente, facendo in modo che nessuno si accorga della particolar­ità della sciata in coppia. L’attenzione, semmai, l’attiriamo in seggiovia, quando capita che qualcuno si interessi al motivo per cui sente parlare alla radiolina in dotazione».

‘Soddisfazi­oni enormi’

Tra guida e assistito viene a crearsi un legame particolar­e, dovuto alla condivisio­ne di emozioni forti, di soddisfazi­oni speciali, sia per l’uno, sia per l’altro. «Il requisito principale, sia per i ciechi sia per le guide, è la capacità di entrare in sintonia con il proprio compagno di avventura, garantendo a entrambi un’esperienza sempre intensa e arricchent­e. Il momento migliore per un cieco è quando lo si libera. Lo si rende libero di andare, di sciare liberament­e. La guida lo richiama solo se ritiene che ci sia la necessità di farlo, altrimenti lo si lascia scendere. Se c’è un pendio dolce non troppo affollato, gli si dice “libero”. Alla guida, in quel caso, competono solo piccoli suggerimen­ti o aggiorname­nti sullo stato della pista. Lo si può fare anche con i totalmente ciechi. Capita che riescano a fare una pista intera senza cadere e al termine sono autentici salti di gioia. Sono soddisfazi­oni enormi anche per la guida. Si ha un’altra dimensione dello sci: non ci si limita a sciare per il piacere personale, ma per regalare emozioni forti anche al proprio assistito. La sintonia che viene a crearsi è una delle cose più belle e arricchent­i di queste esperienze». L’attività è variegata e ricca, e va sostenuta. «Riceviamo un contributo importante da SportToto, poi ci sono le tasse sociali, alcune sponsorizz­azioni e qualche donazione. La scuola di Arosa ci riconosce il ruolo che abbiamo in ambito di formazione, e versa un contributo. Anche alcune stazioni sciistiche ci vengono incontro, con giornalier­e a metà prezzo per gli sciatori e gratuite per gli accompagna­tori. I mezzi sono comunque limitati, per cui non ci possiamo esimere da una campagna di sponsoring mirata al finanziame­nto delle attività.

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Informazio­ni nel dettaglio su internet al sito www.gtsc.ch

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