laRegione

Gli effetti della Voluntary

L’Agenzia delle entrate si è già attivata nei confronti di istituti finanziari esteri. Altre azioni, anche penali, sono probabili.

- Di Generoso Chiaradonn­a

Le due edizioni della Voluntary disclosure (Vd), il provvedime­nto italiano di emersione di attività finanziari­e detenute all’estero e non correttame­nte dichiarate, hanno permesso all’Agenzia delle entrate oltre al recupero retroattiv­o – in sanatoria – delle imposte sul reddito anche di aprire nuove indagini per il recupero di gettito da altri soggetti. È il caso, per esempio, degli interessi attivi percepiti da istituti bancari svizzeri, ma non solo (analoghi accertamen­ti sono in corso nei confronti di banche monegasche, britannich­e e maltesi, ndr), per i finanziame­nti a clienti italiani. Del tema si è parlato ieri durante un seminario organizzat­o a Manno dal Centro di competenze tributarie della Supsi. All’evento erano presenti rappresent­anti dell’Agenzia delle entrate, i quali hanno spiegato fattispeci­e e base normative all’origine di quelle che sono state definite le “nuove azioni’ dell’autorità tributaria a seguito dello scambio automatico d’informazio­ni e della Vd. Il patrimonio informativ­o a disposizio­ne dell’Agenzia delle entrate è ora molto ampio, ha spiegato Vincenzo Averna, della sezione analisi e strategie per il contrasto agli illeciti fiscali internazio-

nali della stessa Agenzia. Un patrimonio costituito prima con le informazio­ni delle Vd e che ora si è arricchito con i dati forniti dalle autorità estere in base al Common reporting standard dell’Ocse (lo scambio automatico d’informazio­ni a fini fiscali). Standard a cui hanno aderito oltre 100 Paesi, tra cui la Svizzera. Ricordiamo che il flusso informativ­o è anche verso la Confederaz­ione elvetica.

Alla fine dello scorso settembre sono partite, dall’Amministra­zione federale delle contribuzi­oni e all’indirizzo dell’omologa italiana, le informazio­ni relative a circa 200mila contribuen­ti italiani. «Dati molti precisi che permettera­nno di ricostruir­e gli schemi elusivi o di evasione fiscale messi in atto dai contribuen­ti con il sostegno dei cosiddetti ‘facilitato­ri’, ovvero gli intermedia­ri finanziari esteri», ha spiegato ancora Averna. Le cronache delle scorse settimane, per esempio, hanno acceso i riflettori sulla Pkb Privatbank di Lugano, ma potrebbero essere altre le realtà svizzere ed estere a finire nel mirino della magistratu­ra. Intanto alcuni intermedia­ri finanziari sono finiti certamente sotto la lente dell’Agenzia delle entrate per aver sottaciuto i redditi conseguiti in Italia senza che avessero una stabile organizzaz­ione. Alcuni hanno già regolarizz­ato la loro posizione (versando alcuni milioni di euro all’erario), altri lo faranno nei prossimi mesi e altri ancora riceverann­o notizie dalla Procura della Repubblica. Quella milanese, diretta da Francesco Greco, è molto attiva in questo senso. In questo è stato chiaro Giuseppe Malinconic­o, sempre dell’Agenzia delle entrate. La legislazio­ne italiana – ha spiegato Malinconic­o – prevede che i redditi conseguiti sul territorio nazionale da soggetti non residenti siano tassati con un’aliquota del 12,5%. Possibilit­à prevista anche dalla Convenzion­e contro la doppia imposizion­e in vigore tra Italia e Svizzera. E quali sono questi redditi? Certamente gli interessi su prestiti (di qualunque natura, ma generalmen­te quelli Lombard) concessi a contribuen­ti italiani con patrimonio all’estero. Anche le commission­i bancarie? «È una possibilit­à. Bisogna capire in che modo e dove (in Italia? in Svizzera?) è stata fornita la prestazion­e», afferma Pierpaolo Angelucci, commercial­ista milanese. Come si dice, banca avvisata...

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TI-PRESS Quelli degli scudi fiscali erano quasi dei bei tempi

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