laRegione

Il processo di Saulo

Per Decarli l’esordio in Champions rappresent­a una tappa in un cammino che si sta rivelando più tortuoso del previsto

- Di Sascha Cellina

Per una manciata di minuti otto giorni fa Saulo Decarli si è trovato di fronte a un muro, ma non ci ha sbattuto. Anzi, il difensore ticinese del Bruges, entrato in campo al 92’, si è eretto a sua volta a difesa del prezioso 0-0 che la sua squadra stava portando a casa all’ex Westfalens­tadion (oggi Signal Iduna Park) e al suo esordio in Champions League ha festeggiat­o un punto di fronte al “gelbe Wand”, appunto il muro formato dai quasi 25’000 tifosi gialloneri che a ogni partita occupano la tribuna sud. «Effettivam­ente è stata una bella emozione e me la sono goduta, ma di sicuro non mi accontento, anche perché a dire il vero mi sarei aspettato di iniziarla, quella partita – mette subito in chiaro il 26enne di Locarno –. In settimana avevo lavorato al massimo come sempre, ma avevo anche cercato se possibile di curare ancora di più ogni dettaglio. Quando ho saputo che sarei andato in panchina, un po’ di delusione c’è stata, però come sempre l’ho accettato e mi sono fatto trovare pronto nei minuti finali. C’era bisogno di difendere e sono entrato come centrale destro, con il compito di andare in marcatura sulle palle inattive. In questo senso è andata bene, siamo riusciti a difendere il pareggio e sono contento di aver esordito in Champions, ma come detto non mi basta. Lavoro per molto di più e in questo senso vedo quella serata come una tappa di un processo». Un processo iniziato nell’agosto 2017 con il passaggio dall’Eintracht Braunschwe­ig (2ª Bundesliga) al club belga, che si è però rivelato più laborioso del previsto... «La mia avventura a Bruges era iniziata alla grande, avevo giocato le prime dieci partite segnando pure. Poi verso novembre avevo cominciato ad avere alcuni problemi a un tendine, finché a gennaio mi ero dovuto operare. L’infortunio mi aveva fatto perdere tutta la seconda parte di stagione. Quest’anno sono ripartito bene, giocando 90 minuti nella Supercoppa vinta contro lo Standard Liegi, ma poi dopo alcuni trasferime­nti ho perso posizioni nelle gerarchie della squadra. Evidenteme­nte avevo altre aspettativ­e e devo ammettere che i mesi di settembre e ottobre sono stati davvero complicati, per questo l’esordio in Champions è stato sì un bel momento, ma soprattutt­o perché inserito in un periodo in cui finalmente sono riuscito a ritrovare un po’ di campo e delle buone sensazioni». Fondamenta­le in queste situazioni l’aspetto mentale... «Non sei tu a decidere chi hai davanti, chi dietro, con che modulo si gioca e tutto il resto, per cui quando le cose vanno un po’ così, ci sono due possibilit­à: o pensi “qui sono tutti stupidi, non capiscono niente, io sono il più bravo” oppure ti guardi dentro, accetti la situazione, la prendi come una sfida e ti metti a lavorare ancora più duramente. Anche questo fa parte del processo, soprattutt­o nei momenti più duri non puoi permettert­i di smettere di lavorare, di essere concentrat­o. Poi non sai se questo ti porterà a giocare uno, dieci o novanta minuti, ad andare in tribuna, in panchina o in campo, però l’unico modo per scoprirlo è lavorare, lavorare e lavorare».

 ??  ?? Il momento dell’ingresso in campo del ticinese negli ultimi minuti della sfida con il Borussia Dortmund di Lucien Favre
Il momento dell’ingresso in campo del ticinese negli ultimi minuti della sfida con il Borussia Dortmund di Lucien Favre

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland